Qualche giorno fa ho avuto una conversazione con mia sorella.
Lei non ha mai mostrato interessi spirituali che non fossero atteggiamenti sfocati legati a retaggi di religiosità cattolica venuti dall'educazione familiare. In quel momento mi ha confidato di seguire un personaggio, di cui non ricordo il nome, che su Tik Tok parla di idee come il 'qui e ora' e il 'conoscere se stessi'.
Mi ha detto che era in qualche modo toccata da quello che diceva, anche se non capiva bene come e a che cosa queste idee si riferissero nella propria esperienza. È stato emozionale per me intravedere il sorgere di un embrione di ciò che la quarta via chiama 'centro magnetico' - questo mi ha ricordato il medesimo passaggio che ho vissuto, e mi ha fatto realizzare che mia sorella aveva fatto esperienza del 'ricordo di sé', anche se lei non lo sapeva.
È il Sé, i nostri centri superiori, che a un certo momento, quando il bicchiere è colmo di esperienze e sofferenze, apre gli occhi come un bambino appena nato e comincia a spingere per esistere.
Ho riportato questo piccolo evento perché spesso riceviamo domande su che cosa sia di preciso il ricordo di sé, se consista in una cosa piuttosto che in un'altra. Il centro formatorio vorrebbe una definizione chiara, ma in realtà ha tanti livelli e espressioni.
C'è senz'altro un passaggio fondamentale dal momento in cui si fa esperienza di qualcosa, di un desiderio di non si sa che cosa, che accade non cercato, a quando si cerca di ripetere quell'esperienza intenzionalmente, con sforzi. Allora si comincia a lavorare con l'osservazione delle proprie meccanicità, con le identificazioni e l'immaginazione che costituiscono il nostro ritratto immaginario, si prova a non esprimere emozioni negative, arrivando ad averne una comprensione più profonda.
Tutti i soggetti della quarta via sono sfaccettature del ricordo di sé, che si può far coincidere così con gli sforzi per il lavoro.
Poiché siamo frammentati ognuno di questi aspetti singoli del sistema sembra separato dagli altri, ma sulla strada verso qualcosa di più permanente il ricordo di sé acquisisce più massa, i centri superiori riconoscono se stessi, e stabiliscono la direzione del lavoro. Adesso c'è un Sé più unitario da ricordare, e gli esercizi e strumenti ne rappresentano le emanazioni.
Il Sé è un bimbo che cresce, così il suo ricordo.
Shakespeare lo esprime così in un sonetto: "...perché
non dissi allora: “T’amo d’un amor supremo”,
quando ero certo al di là di ogni incertezza
di consacrare quel presente, ignaro del domani?
Amore è un bimbo; non potevo dir così,
avrei sentito grande quanto ancora cresce."
Allo stesso tempo il Sé è eterno, fuori dal tempo - forse non definito, ma sempre accessibile. Che sia seme o albero, esso è fatto della stessa magica fibra.
Comments