Il tempo dell’opportunità
- Il Ricordo di Sé
- 23 mar
- Tempo di lettura: 4 min

I greci avevano due parole per definire il tempo: Kronos, che rappresenta lo scorrimento lineare (o ciclico, se visto in una scala più ampia), degli eventi; e Kairos, il tempo in cui linee di eventi si incrociano e scelte e cambiamenti diventano improvvisamente possibili. Rodney Collin parla diffusamente dell’idea di Kairos nei suoi libri.
Personalmente, proprio ora mi trovo decisamente in un momento di Kairos.
Stanno accadendo in una settimana più avvenimenti inaspettati di quanti di solito ne capitino in tre mesi - e devo dire che già il mio ‘di solito’ è piuttosto movimentato. Ieri mattina avevo un quadro della mia situazione nell’immediato futuro; ieri sera un quadro completamente differente e, stamattina, un terzo. La Presenza diventa in questi momenti anche una forma di legittima difesa: inutile cercare di prevedere, meglio stare qui al meglio delle mie capacità.
Tra le altre cose, mi è più che mai chiaro in questo momento che ‘io’ non faccio niente, sono un fuscello che galleggia tra onde agitate. Il mio ruolo è quello di un attore sul palco, le cui parole e azioni sono già dettate (chi ha scritto questo post)? E a me sta soltanto di recitarle al meglio.
Shakespeare, un uomo conscio, scrisse: "C'è una marea negli affari degli uomini, che, se presa al momento giusto, conduce alla fortuna." E: “Timing is Everything” - il tempismo è tutto.
Seneca scrisse: "Ducunt volentem fata, nolentem trahunt.” Il fato conduce colui che vuole lasciarsi guidare, trascina colui che non vuole.
Di che cosa è fatto questo tempismo? Lo lascio dire a Rodney Collin: “Molte sofferenze nella vita umana derivano dal tentativo infruttuoso di trattenere una nota che ha già cessato di suonare o di anticipare una nota che non ha ancora suonato.”
Quando l’opportunità si presenta, occorre essere pronti. Ovvero presenti. Non fare come me quando ero bambino e in scooter con mio padre, lui diceva: “Guarda, una lepre! Una volpe! Un falco!” E io me li perdevo tutti, perché ero nelle mie fantasie di bambino.
Nella giornata odierna si è concentrata una quantità di avvenimenti che, mi dico, non possono essere casuali. La mattina è cominciata con un massaggio che fa parte di una terapia piuttosto vigorosa che sto affrontando. Il massaggiatore mi ha fatto stendere sul lettino, mi ha dato un’occhiata critica, mi ha misurato il torace aiutandosi con un asciugamano, e infine mi ha detto: “Le tue interiora sono fuori allineamento.” Ha poi iniziato con una salda presa delle mani robuste a riassestarmi le budella come se la pelle che lo separava da esse non esistesse, concludendo con un tranquillo: “Ora sono a posto.”
Ho associato questo riassestamento a due momenti passati della mia vita, in cui due terapisti hanno fatto qualcosa che ha messo a posto un elemento nel mio corpo, e questo cambiamento ha coinciso con molta precisione con un cambiamento sia dei miei atteggiamenti, che degli aspetti esteriori della mia vita.
Racconto brevemente quello che mi successe la volta precedente, perché è un aneddoto carino. Lavoravo molto in Cina e i miei colleghi, gentilissimi, facevano a turno la domenica nell’accompagnarmi a vedere o fare cose interessanti. Quel giorno la mia collega mi disse che mi avrebbe portato dal “Vecchio uomo cieco” che era un abile massaggiatore. La collega rimase lì tutto il tempo del massaggio, traducendo.
L’uomo era molto bravo. Mi disse che avevo una vertebra cervicale disallineata e di non spaventarmi, avrebbe provato a metterla a posto. Dopo molte pressioni e giramenti, la collega mi tradusse: “Purtroppo non ci è riuscito.” Durante il massaggio io dissi alla mia collega che volevo tornare, magari tutte le sere, a fare questo massaggio, ma non volevo assolutamente che lei si prendesse il disturbo di accompagnarmi sempre. Decidemmo quindi di insegnare due parole al massaggiatore: “OK”, per qualsiasi cosa andasse bene; e “No”, nel caso lui mi facesse inavvertitamente male o eventi del genere. Così avremmo potuto comunicare l’essenziale.
Qualche giorno dopo, tornai da solo dal massaggiatore cieco, lui prese a lavorarmi e nel lungo silenzio di due persone che non sanno parlarsi, improvvisamente sentii un crack nel collo. Subito dopo il massaggiatore disse l’unica parola che l’avessi sentito pronunciare quel giorno: “OK.” La mia vertebra era tornata a posto.
Oggi non è per nulla una giornata qualunque. Qui in India è una festa importante, Holi (forse ne avrete sentito parlare, la gente si cosparge di acqua e di polveri coloratissime, con un effetto di caos scenografico molto simile al Carnevale. Chiedendo del significato, Holi è associato con il distruggere la negatività e abbracciare una visione positiva.
So che questo fa parte del mio lavoro di oggi, di adesso.
Lo stato di immaginazione è quello che ci impedisce di vedere il disporsi degli eventi, e di capire quando è il nostro momento per agire o fermarsi, parlare o tacere, sforzarsi o riposare. Uno stato un po’ più sveglio ci spinge a recitare bene la nostra parte da buon attore, e questo può a volte comportare quello che la macchina vive come sofferenza.
La Presenza dei centri superiori, infine crea la realtà: si colloca in quel livello di realtà che, invece di recitare il dramma, lo scrive. Quando il Sé è consapevole di esistere, non solo i piccoli avvenimenti che accadono a questo guscio che si chiama Sergio perdono di importanza, ma il Sé è in grado di stabilire quale percorso sarà più utile a mantenere la presenza e a gioire di esistere - quali che siano i desideri del guscio.
Buon Holi.
Comments