La definizione 'ricordo di sé ' ci suggerisce che ci dimentichiamo di esso. Sembra una cosa da poco, ma, a guardar bene, è centrale, visto che gran parte del nostro sonno deriva dalla convinzione, ammessa o meno, che in realtà, dopo tutto, siamo abbastanza presenti, e che il sé non è poi così straniero. Caso mai sono gli altri intorno a noi a dormire.
Spesso si fa coincidere l'idea di presenza con 'attenzione' di un centro o di un altro, o di più centri insieme. Mi ha sempre attratto l'incredibile capacità di chi suona un organo. Lì tutti i centri lavorano al massimo dell'attenzione: il centro intellettuale che traduce la complessità delle note scritte sullo spartito per il centro motorio, che le traduce in movimenti impossibili delle mani e dei piedi sui tasti. Il centro emozionale cerca di rendere la profondità di ogni nota. Eppure, tutto questo, dal punto di vista della presenza, può essere fatto nel sonno.
Per la mia esperienza per arrivare a vedere che in gradi differenti passiamo gran parte della nostra giornata in immaginazione e in identificazione già c'è bisogno di un lavoro di scuola, o di gruppo, comunque più intenso rispetto a quello che si può fare individualmente.
"Nelle condizioni ordinarie della vita civilizzata" ci dice Gurdjieff "la situazione di un uomo, anche intelligente, che cerca la conoscenza, è senza speranza.."
È la realizzazione del sonno che ci dà un senso di scala più reale, e ci rende più piccoli, più consapevoli della nostra posizione nell'universo, più pronti a chiedere e a ricevere quell'aiuto esterno senza il quale non possiamo muoverci. O meglio, ci muoviamo, ma nel raggio discendente del raggio di creazione, poiché in esso nulla rimane fermo, o si sale o si scende.
L'aiuto è necessario anche per definire ciò che è uno stato superiore e ciò che non lo è, visto che ci sono in noi molto 'lupi travestiti da agnello', con ogni centro che ha la sua idea della presenza. Inoltre così come si è nel sonno e non lo vediamo, si può essere presenti e non saperlo. Essere presenti e sapere di esserlo è un altro passaggio importante; esso richiede un certo numero di esperienze di un 'terzo stato di consapevolezza' che definiscono più in profondità l'esperienza della presenza.
Dopo (molti) anni di lavoro in una scuola l'aiuto viene anche da se stessi, quando si sviluppa in gradi diversi un maggiordomo, un gruppo forte di 'io', sempre parte della macchina, che è in grado di controllare i centri e portare 'io di lavoro' in quasi ogni situazione. È ciò che il sistema definisce 'centro di gravità permanente'. Potremmo dire che questo livello è definito da una guerra civile interiore, il cui attrito genera un'energia emozionale che mantiene più a lungo alle porte del terzo stato di consapevolezza; questo stadio porta il proprio lavoro a centrarsi di più sul secondo shock cosciente nell'ottava del ricordo di sé, ossia la trasformazione della sofferenza e delle emozioni negative.
Aiuto è spesso sinonimo di 'terza forza', per questo non è facile vederlo, in quanto nel secondo stato di consapevolezza tendiamo a non vedere le opportunità che ci sono. Questo è connesso anche al fatto che l'aiuto raramente viene dato nella forma che decidiamo noi, ma nell'unica forma che può essere data.
"C'è sempre una possibilità e c'è sempre un aiuto, se ne sentiamo il bisogno in modo sufficientemente profondo. L'unica vera mancanza di aiuto si verifica quando un uomo non sente più il bisogno di aiuto".
Rodney Collin
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