Mi sono svegliato stamattina con una certa pesantezza, probabilmente non ho riposato bene. Il caffe non ha funzionato come al solito, e la tendenza della mia macchina, centrata istintivamente, è di identificarsi con lo stato fisico. Questo influenza i pensieri e le emozioni, e rende l'inizio della giornata più grigio, nonostante il sole che splende.
Questo stato d'animo non è stato scelto da me, e nemmeno gli io negativi che ne scaturiscono e che proseguiranno come anelli di una catena fino a quando un'altro evento, piccolo o grande, arriverà, e stimolerà altre parti di me.
Questa è la prigione. Non pensiamo i nostri pensieri e non decidiamo le nostre emozioni. Essi arrivano. In questo consiste il 'non poter fare'. È il meccanismo stimolo-risposta attraverso cui funzionano i nostri centri inferiori, e che nell'inconsapevolezza consideriamo libertà.
Il solito io opposto è sempre dietro l'angolo: "Si, è vero che ci sono condizionamenti, ma in realtà posso decidere qualcosa, sono ancora responsabile della mia vita!"
Proviamo un esperimento: proprio in questo momento cerchiamo di provare euforia. Poi pensiamo al cibo che odiamo di più e per i prossimi cinque minuti desideriamolo fortemente. Consideriamo la nostra opinione sulla pena di morte e cambiamola. Alla fine, chiediamoci quale sarà il nostro pensiero successivo e vediamo se è possibile prevederlo.
Mentre siamo occupati a fare tutto questo, o forse a osservare un flusso di pensieri che lo rigetta come un sacco di sciocchezze, la realtà scorre. Essa è sempre lì (non a caso la chiamiamo il presente) quando riusciamo ad andare oltre i nostri piccoli io.
Nella vignetta uno dei quattro personaggi dice: "Ok, chi vuole scappare?" E gli altri tre rispondono: "Scappare da cosa?"
La leggo con una doppia valenza: da un punto di vista viviamo nel sonno, in una prigione senza sbarre fatta dalla nostra immaginazione di essere liberi. Da un altro (la prigione della vignetta è una piccola staccionata) siamo già liberi, nella misura in cui spostiamo la nostra identità nella realtà dei centri superiori.
Potremmo leggere il dialogo anche interiormente: quale parte di noi vuole - o non vuole - scappare?
"Il sonno è la prigione di Dio. La presenza è il suo palazzo".
Rumi
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