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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

come prolungare la presenza

Domanda: "Nella presenza ho bisogno di fare per non scivolare nell'immaginazione e quindi nella paura. Ho bisogno di disciplina per costringermi a fare...corretto?”

Se interpreto bene, Daniela qui intende ‘fare’ come impegnarsi in un’attività.

Quando si è in uno stato di presenza, ciò che si può fare è tentare di prolungarlo. Devo dire qui che lo stato di presenza prolungata è estremamente raro, e personalmente non riesco a immaginare una persona che possa ottenerlo senza l’aiuto di una scuola. (C’è sempre la

Possibilità che una persona chiami ‘presenza’ ciò che presenza non è).

Prendiamola in modo semplice: presenza è essere dove si è. Essere interessati a ciò che si ha davanti, vedere, ascoltare, toccare, non essere distratti da pensieri.

Se si è in questo stato, non occorre necessariamente impegnarsi in un’attività per mantenerlo. Ciò che occorre è prolungare lo sforzo di attenzione divisa. Trovare il modo di sentire che ‘Io’ sono qui. Può essere una quieta attività, oppure può essere un riposo presente.

Prima o poi lo stato di presenza scenderà e si scivolerà nel secondo stato, esattamente allo stesso modo in cui si scivola nel sonno di notte. Proprio perché è un cadere, non ce ne accorgiamo. Se ce ne accorgessimo, non cadremmo. L’immagine per me è quella di una sentinella che, dopo molta resistenza, viene vinta dal sonno.

Come Daniela scrive, si entra in uno stato di immaginazione. Gli ‘io’ non sono più strettamente legati all’impressione del momento, ma rivolti al passato, al futuro, all’altrove. E poi, scrive ancora Daniela, nella paura.

Questa affermazione è valida per lei, non in generale. Non tutti hanno caratteristica di paura. Per la maggior parte delle persone, l’immaginazione è una faccenda piacevole.

Nel suo caso, la sua forma di immaginazione è negativa, con io di paura. Il che si può anche considerare fortunato, in quanto a lei sarà ben chiaro che l’immaginazione non è desiderabile e dà una certa spinta emotiva a cercare di uscirne.

In questa caratteristica della sua macchina sta la possibilità di prolungare gli stati di presenza. Quando è presente può scegliere di fare piccoli passi nei confronti della sua paura.

(Non so di che genere sia in questo caso. Paura degli insetti? Si metta ad osservare un ragno da vicino. Delle persone? Parli con qualcuno che teme. Insicurezza sul futuro? Veda gli io per quello che sono: immaginazione, e si concentri sulle gioie del presente).

In questo modo avrà creato un’attività che prolungherà lo stato di presenza e allo stesso tempo contribuirà a equilibrare la macchina.

Come principio generale, il modo migliore per mantenere la presenza è non concentrarsi su se stessi ma aiutare gli altri. Come ogni altra caratteristica, la paura vive di autoindulgenza. Come disse Rodney Collin, dimenticare se stessi per ricordare se stessi.

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