Quando pensiamo alla necessità di continuare a fare sforzi, possiamo sperimentare inizialmente un certo scoramento. Qualche tempo fa mi ha colpita un commento che esprimeva una sorta di rifiuto a questa idea dei piccoli sforzi quotidiani. Auspicando di trovare qualcosa di più incisivo e definitivo verso il risveglio.
Sebbene possa capire da dove arriva questo gruppo di io, per me la possibilità di fare piccoli sforzi nel momento è una risorsa fondamentale.
Ieri dovevo fare una presentazione a un gruppo di studenti che non conoscevo. Per giunta in inglese. Mi ero preparata, ma ci tenevo a farla bene e quindi la macchina era comunque identificata. Era una situazione particolarmente spiacevole, perchè avrei voluto essere da subito in uno stato alto. E invece non lo ero. La macchina era lì a farsi sentire con tutti i suoi io di considerazione interna, vanità, dominio femminile.
E allora ho smesso di resistere agli io e ho iniziato a fare piccoli sforzi. Rallentare le parole e gustarle. Sentire i piedi per terra. Non gesticolare. Mantenere il contatto visivo. Accettare la frizione e stare lì, separandosi dell'idea che dovesse essere diverso.
Piano, piano, lo stato si è fatto strada nel momento.
Ho proprio osservato come quei piccoli sforzi ed esercizi hanno creato come una barriera, che non ha permesso agli io meccanici di prendere spazio.
C'è una storia su Salomone. Vide che l'erbaccia continuava a crescere nel tempio e si rattristò. Ma poi pensò che finché avesse avuto vita, avrebbe potuto continuare a strapparla e tornò a gioire.
I piccoli sforzi agiscono qui e ora, sulla scala del momento. Sono troppo insignificanti per la macchina per meritare di scomodare il ritratto immaginario, che invece entra in scena facilmente quando progettiamo grandi sforzi.
In verità, proprio perché sono piccoli e sempre disponibili diventano alleati potenti per la Presenza.
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