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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

cosa sposta i miei occhi

Avete mai visto uno di quei documentari che mostrano il movimento dei nostri occhi, dove punta il nostro sguardo? Una delle cose più impressionanti è la velocità. Il ‘mirino’ degli occhi si muove come una mosca agitata. Quando guardiamo un volto, ad esempio: frenetici movimenti attorno alla bocca, e agli occhi, poi rapidi ‘voli’ sul contorno dell’ovale, sulle orecchie.

Non è facile rendersene conto, ma i nostri occhi si muovono continuamente, a un ritmo frenetico. Nell’arco di pochi secondi tornano decine e decine di volte sullo stesso punto, poi vagano alla periferia del campo visivo, infine ritornano a ‘ronzare’ attorno agli oggetti di cui ci stiamo occupando.

Quando sono nella mia stanza, o per strada, cosa sposta i miei occhi?

Intanto le parti più elementari del centro istintivo/motorio sono attente a tutto ciò che può costituire un potenziale pericolo. Se mentre faccio la doccia l’angolo dell’occhio percepisce un’ombra nera che di solito non c’è (e, per percepire un’ombra insolita, è necessario che abbia una vastissima memoria di tutti i dettagli di tutto ciò che faccio durante il giorno), allora mi volto di scatto verso quell’ombra, ricordando quella volta che si trattava di un grosso ragno. Invece no, stavolta è solo quello shampoo nuovo.

Tutto ciò che si muove, per strada, è un potenziale pericolo per la macchina. Quindi ho centinaia e centinaia di movimenti ottici che hanno lo scopo di tenermi in vita. Macchine che passano, ombre che mi sfiorano. La percezione del terreno. Ci sono buche? È regolare o accidentato. La percezione del mio corpo - detta propriocezione . Sono in equilibrio? Spostando la gamba per un nuovo passo, dato che il terreno è leggermente in salita e per di più lo poggerò sul marciapiede, come devo inclinare la spina dorsale? (Vedete bene cosa significa che il centro motorio è 30.000 volte più veloce di quello intellettuale. Migliaia e migliaia di valutazioni avvengono prima che “io” possa pensare “Forse oggi piove”.

Alcune di queste impressioni passano il livello dei fanti e salgono alle regine. Una bella donna mi incrocia, colori che mi piacciono, la fuggevole vista della decorazione di un palazzo sopra una finestra. Se il percorso è abituale, le regine dei fanti mi porteranno a guardare ancora cose che mi sono piaciute in passato: la vista di un lago; quell’albero che incontro tutti i giorni. Sono associazioni: torno ad esse. E, a loro volta, queste associazioni visive porteranno altre associazioni. C’è un albero, ad esempio, che mi fa sempre pensare a un ciliegio su cui mi arrampicavo da bambino e per me rappresenta la felicità dell’infanzia (la felicità dell’essenza).

E di quell’albero, che guardo tutti i giorni, cosa guardo? Anche qui, migliaia di dettagli - torniamo all’occhio che si muove freneticamente esplorando questa impressione. Ovvio che due persone diverse, con centro di gravità diverso e associazioni diverse si soffermino su dettagli differenti e alla fine vedano un albero diverso.

Tutto questo avviene così velocemente che posso fare ben poco per disciplinarlo o anche solo accorgermene. Sono una macchina, rispondo agli stimoli. Non c’è libertà nel mio spostare lo sguardo. Sono come il puntatore del mouse, che si muove dove lo porta la mano.

Il solo modo per cambiare è la presenza. Separarsi da questo macchinario, Monitorare le associazioni selvagge e lasciar cadere le catene di pensiero indesiderate. Ricordarsi che si è.

Si smetterà di posare lo sguardo meccanicamente e si inizierà a vedere.

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