(di Giacomo Bardazzi)
Comprendere che i centri superiori non sono le funzioni inferiori, le quali tentano continuamente di riempire lo spazio destinato alla presenza, richiede una certa risolutezza.
Un esempio di questo lo trovo nel parlare, nella difficoltà di unirlo al ricordo di sé, e ricordarsi che comprendere che stiamo parlando è più importante che qualcun altro capisca ciò che dico.
Questo ci porta a lavorare con leggi pesanti a cui siamo sottoposti, come il dominio femminile o la considerazione interiore.
Un io di immaginazione di stamattina mi offre un esempio al riguardo e lo spunto per questo post.
Diversi anni fa andai in un centro della scuola con altri studenti a fare una piccola presentazione su un soggetto di studio; non abituato a parlare in pubblico, e identificato nella considerazione interiore, dopo pochi minuti che parlavo mi bloccai - completamente congelato, non riuscii a pronunciare altre parole per un lunghissimo minuto, che gli altri studenti nella sala si guardarono bene dal riempire meccanicamente respingendo il momento. Fu un minuto difficile per la macchina, ancora oggi se ci ripenso, una parte di me (ritratto immaginario, caratteristica di vanità...) vorrebbe cancellare quell'esperienza pronunciando un urletto di disgusto e disapprovazione.
Con il tempo ho capito che con quel minuto difficile mi era stato dato uno stato alto: i centri superiori apparvero e interruppero come in un corto circuito il funzionamento meccanico dei centri inferiori. Mi ricordo, a distanza di circa quindici anni, la stanza, la camicia che portavo, le facce e le espressioni delle persone sedute davanti a me che mi guardavano in silenzio e presenti, le altre due che sedevano con me anch'esse quiete, che non mi sostituirono dell'esposizione, come se non vi fosse niente di sbagliato in ciò che stava accadendo, la studentessa che gentilmente e in presenza mi portò un bicchiere d'acqua, lo stato estremamente scomodo della macchina.
La presentazione ovviamente riprese, con un sapore diverso.
La necessità di essere efficienti nelle nostre faccende quotidiane ci fa spesso scivolare nel sonno attraverso un'attività incontrollata dei quattro centri inferiori.
Per un cambiamento reale è necessario comprendere che dobbiamo reimparare a fare tutto con presenza.
Quando in alcuni istanti i centri superiori appaiono ci troviamo straniti rispetto a ciò che stiamo facendo - quella sensazione del 'che strano essere qui a parlare con questa gente', o 'buffo questo ticchettare sul telefono per esprimere qualcosa'.
La macchina produce respingenti che affermano che in certe occasioni è assolutamente necessario essere efficienti a discapito del ricordo di sé.
Un io utile è che in realtà se vi sono alcune situazioni che richiedono il lavoro di una vita per portarvi presenza, ce ne sono altre - molte altre - in cui posso fare una pausa, riaffermare il senso di 'io sono qui', e imparare a farle cercando di mantenere nel quadro me stesso. Cominciando dalle cose più semplici, che sono poi quelle che costituiscono gran parte della nostra vita.
"Fatti avanti, mia anima, e lascia che il resto si ritiri".
Walt Whitman
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