(di Giacomo Bardazzi)
Non si sa molto della sua vita. Nato schiavo e rimasto tale per molti anni, fu liberato, e in seguito alla cacciata dei filosofi da Roma da parte di Domiziano, si ritirò in Epiro, dove fondò la sua Scuola.
Un percorso esteriore che rispecchia quello interiore.
Come altri grandi maestri, non scrisse mai nulla. Quello che ci rimane è una trascrizione di frammenti delle sue lezioni da parte di Arriano, uno dei suoi allievi.
Ecco l'estratto iniziale del 'Manuale':
"La realtà si divide in cose soggette al nostro potere e cose non soggette al nostro potere. In nostro potere sono il giudizio, l'impulso, il desiderio, l'avversione e, in una parola, ogni attività che sia propriamente nostra; non sono in nostro potere il corpo, il patrimonio, la reputazione, le cariche pubbliche e, in una parola, ogni attività che non sia nostra. E ciò che rientra in nostro potere è per natura libero, immune da inibizioni, ostacoli, mentre quanto non vi rientra è debole, schiavo, coercibile, estraneo. Ricorda, allora, che se considererai libere le cose che per natura sono schiave, e tuo personale ciò che è estraneo, sarai impedito, soffrirai, sarai turbato, ti lamenterai degli dei e degli uomini; se invece riterrai tuo solo ciò che è tuo, ed estraneo, come in effetti è ciò che è estraneo, nessuno ti potrà mai coartare, nessuno ti impedirà, non ti lamenterai di nessuno, non accuserai nessuno, non ci sarà cosa che dovrai compiere controvoglia, nessuno ti danneggerà, non avrai nemici, perché non potrai patire alcun danno.
Ora, se aspiri a così alta condizione, ricorda che non basta uno sforzo modesto per raggiungerla, ma ci sono cose che devi definitivamente abbandonare, altre che per il momento devi differire..."
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