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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

Era quel che morir chiaman gli sciocchi

(di Vale Lama)

È un verso che il Petrarca dedica a Laura nel Trionfo della Morte, per dire la sua verità sul nuovo stato dell’amata.

In questi ultimi giorni, uno shock ha portato in modo lieve il grande mistero della morte al centro dei miei pensieri. Ho deciso di scriverne anche qui, perché mi sembra - direttamente o indirettamente - una delle motivazioni principali intorno alle quali si forma lo stimolo verso la ricerca spirituale o, come lo chiama il sistema, il centro magnetico.

Ed è una consapevolezza, quella della brevità della vita, che piano piano si fa strada nel nostro essere e può diventare una solida terza forza verso il lavoro.

“Quando io crederò imparare a vivere, e io imparerò a morire”, così Leonardo da Vinci descrive, per me in modo bellissimo, la connessione profonda tra il vivere e il morire.

C’è una morte sulla scala meccanica, quando invece di essere ‘vivi’, dormiamo. Il mio Maestro ci invita a pensare alla carta della Morte nei Tarocchi come una rappresentazione simbolica non della morte del corpo fisico, ma dello stato di immaginazione prolungata, in cui il Tristo Mietitore miete la nostra presenza.

Invece, esiste una morte del corpo fisico che può essere lo spiccare il volo dell’anima verso la luce del risveglio.

Mi rimane forte da quest’ultima esperienza una specie di gratitudine e insieme di urgenza, per essere qui e per tutte le opportunità che ho davanti a me di essere presente in questa vita.

Come mi ha detto un amico: Che cosa stiamo aspettando?

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