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Gradi di osservazione

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 5 ore fa
  • Tempo di lettura: 5 min

Abbiamo spesso descritto l’osservazione di sé come il primo gradino di un lavoro in direzione della presenza; ma quando si dice “osservazione”, si indica un campo piuttosto vasto che può comprendere esperienze molto diverse. Chi osserva, chi è osservato, non sono sempre le stesse parti. Provo a mettere insieme qui alcune informazioni che sono magari già state espresse a pezzetti, qui e là.


Molto spesso siamo incapaci di osservarci.


Se siamo identificati, per esempio. Immaginate l’innamorato senza speranza: quante cose fa, quante espressioni facciali, posture che lo rendono ridicolo agli occhi dell’amata e di cui neppure si accorge.


Se siamo negativi. La negatività si accompagna a un drastico restringimento della capacità di ricevere impressioni. Non a caso, anche nel linguaggio comune si usano espressioni come “accecato dall’odio.”


Se un respingente è in azione. Per fare esempi facili, se una persona ci piace o ci mette in soggezione metteremo in atto una serie di gesti, posizioni del corpo e delle braccia, ci toccheremo il volto in un certo modo, ci gratteremo, sbadiglieremo e via dicendo - senza saperne nulla. Facile osservare questo fenomeno nelle persone, e anche negli animali come cani o gatti. Provate a sgridare il vostro cane, e vedrete.


Se siamo in immaginazione - ovvvero praticamente nella totalità del nostro tempo. Siamo concentrati sui nostri io, pensieri, sensazioni, ricordi; e nel frattempo la realtà ci sfugge.

I primi episodi di qualcosa che può cominciare a essere chiamato osservazione di sé, sorgono a posteriori. Dato che siamo sempre in immaginazione, questi momenti in cui improvvisamente ci rendiamo conto di un nostro gesto o comportamento ci stupiscono e appaiono come lampi di chiarezza che perforano un muro di nebbia “Ma guarda, io guardo e riguardo sempre il menu, e alla fine ordino sempre la pizza quattro stagioni, non ci avevo mai fatto caso.” “Ieri sera non mi sono comportato bene con Mario, devo chiamarlo e scusarmi.” “Quando il capo mi chiama nel suo ufficio mi irrigidisco, il corpo è pieno di tensioni, fatico a rispondere anche su argomenti che conosco e alla fine cerco sempre di allegerire con battute stupide.”


DI solito, queste prime osservazioni a posteriori sono di tipo psicologico e sono connesse col tentativo di migliorare il proprio comportamento o di guarire da un problema.

Sono legate a una scala grande: quella del mio comportamento negli anni, della mia relazione con un’idea. A questo livello, l’idea di “consapevolezza” è spesso intesa come un rendersi conto intellettualemte di qualcosa. “Sono consapevole dell’impatto del mio comportamento sull’ambiente e quindi mi sforzo di non usare plastica e di riciclare.” Questa “consapevolezza” però, pur portando lo stesso nome, non è la consapevolezza spirituale, quella di cui parliamo qui.


Il gradino successivo è che lo stesso tipo di osservazioni psicologiche avviene non più a posteriori, ma nel momento. Provando e riprovando, “vedrò” me stesso mentre dico qualcosa di sgarbato a Mario, mentre mi irrigidisco nell’ufficio del capo, mentre la battuta stupida mi esce dalle labbra.


Questa osservazione nel presente rappresenta un importante progresso, e offre una visione più vivida di quella a posteriori. Non sono più di fronte a un’idea, ma ad un’esperienza nel momento. Non solo vedo che mi irrigidisco col capo, ma il mio centro istintivo avverte la tensione muscolare, sente il muscolo in tensione mentre è in tensione. Rimaniamo in un ambito per così dire psicologico, ma già un po’ più diretto.


Le due fasi precedenti sono collegate al processo di formazione del Maggiordomo, della sentinella che setaccia la nostra esperienza provando a volgerla in favore della presenza.

Ma se siamo presenti ora, il Sé vede, in modo naturale e spontaneo. Il Sé è una modalità di percezione attenta e partecipe. Vede ciò che ho davanti, e vede la “mia” reazione (la reazione di ciò che chiamiamo la macchina) a ciò che ho davanti.


A questo punto sarà più probabile che, se il Sé nota ad esempio un irrigidimento muscolare, lo eliminerà senza bisogno di pensarci su, in modo naturale e spontaneo, esattamente come fanno i nostri piedi quando entriamo in acqua al mare e questi si adattano ai sassi e alle irregolarità del fondo aggiustando di volta in volta movimento e pressione.


Il tutto avviene in modo immediato e - ripeto - spontaneo, senza ragionarci su.

Siamo abituati a pensare che l’introspezione sia una parte del processo di evoluzione. Ci sono momenti in cui è necessaria, ma dal punto di vista della presenza, l’introspezione è sonno - è un’interferenza dei centri intellettuale ed emozionale tra me e un’osservazione che potrei fare in modo immediato e senza troppe convoluzioni.


Questo apre alla prospettiva che esistono due modi per guarire certi problemi, certe ansie: o il modo psicologico, pensando e ragionando, ovvero dall’interno del labirinto; oppure “vedendo”, da fuori. Il primo metodo è lento, laborioso e soggettivo; il secondo è immediato.


Quando qualche visitatore andava da Gurdjieff e notava come, a differenza di chi gli stava intorno, lui fosse perfettamente rilassato e tuttavia attento, pensava subito a tecniche e pratiche segrete che gli permettevano di farlo. Gurdjieff, invece, era semplicemente nel Sé. Non solo: era nel Sé frequentemente. Quando abbiamo frequenti e prolungati episodi di presenza il Sé, esattamente come un bambino piccolo, impara. Impara a fare: a preparare il caffè, ad ascoltare e parlare, a sedersi senza tensione.


Il visitatore osservava alcuni effetti collaterali dello stato, non lo stato in sé. E attribuiva queste capacità a “tecniche” misteriose e segrete.


Occorre rovesciare questo punto di vista e concentrarsi sul Sé, sul semplice stato che assiste alla realtà. In quello stato, lo abbiamo detto molte volte, ma mi rendo conto che potrebbe suonare falso o superficiale, non conta nemmeno più se siamo in tensione o no.


Probabilmente, accanto a Gurdjieff che era senza tensione, quel giorno c’erano un paio di studenti che pure erano in uno stato di Presenza, ma ancora incapaci di eliminare la tensione. Il “bambino”, in loro, non aveva ancora imparato a camminare con sicurezza. Il loro stato non valeva meno di quello del maestro.


Il Sé, quando appare, è consapevole di due cose: di ciò che avviene, e di se stesso. Il “ricordo di sé” è lo stato in cui il Sé sa di esserci. Possiamo dire, in altro modo, che i Centri Superiori si specchiano nel mondo.


Questo vuole essere un post positivo. Vorrei invitarvi a un semplice esercizio: per un paio di giorni provate a pensare che la presenza è già qui, che i centri superiori sono già qui.


Dimenticate esercizi, sforzi e tecniche e semplicemente provate a vivere: guardate la nuvola, annusate il fiore, gustate il pane. Per usare le parole di un giovane uomo conscio che ho l’onore di conoscere: “Non si può nemmeno dire che lo stato di Presenza sia così vicino come la punta del nostro naso, poiché anche quello implicherebbe una distanza. Lo Stato è qui.”

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