I capricci del centro istintivo
- Il Ricordo di Sé
- 22 ott
- Tempo di lettura: 3 min

Stamattina mi sono alzato presto e sono andato in una riserva naturale ad ammirare uccelli esotici, buona parte dei quali non avevo mai visto. Una festa di colori, forme, movimenti, energia naturale.
Mica male, starete forse pensando, se confrontato a una normale giornata di lavoro. Eppure l’esperienza è stata accompagnata da una parte in me che si lamentava e strepitava: il centro istintivo.
Già il fatto di alzarsi presto non gli è piaciuto: per una serie di circostanze avevo mangiato tardi e dormito male, a danno della digestione. Il primo io istintivo del mattino (anche se non espresso verbalmente, cosa che io sono qui costretto a fare), suonava come: “Alzarsi? Non scherziamo, non se ne parla proprio.”
Durante il viaggio in macchina e la camminata tra gli alberi, il centro istintivo continuava a far sentire la sua voce: voleva sentirsi infelice, forse farmi tornare indietro o, perlomeno, lamentarsi del fatto di essere stato messo in minoranza.
Questa voce in noi che vuole sentirsi infelice è davvero strana, a pensarci. Vediamo tutta la sua assurdità quando a ‘fare i capricci’ è un bambino piccolo, dove riconosciamo la futilità della causa del dolore (“Io volevo una palla gialla, non rossa!”). Stentiamo però a disconoscere la futilità delle nostre ragioni.
Siamo strani. Ci portiamo appresso un corpo, un sacco pieno di bisogni che fanno di tutto per essere soddisfatti e, appena soddisfatto uno, se ne affaccia un altro, senza fine.
Se siamo identificati con questo centro (vale per tutti i centri, ma oggi parliamo di quello istintivo), sentiamo che questa voce viene da noi, ci appresenta in toto: IO sono stanco, IO non ho voglia.
Chi fa un lavoro di scuola ha dalla sua un Maggiordomo che veglia, e può sentire l’avvicinarsi di queste onde negative. Sentirà dunque in altro modo: esso è stanco, esso non ha voglia. Molto diverso. E, all’avvicinarsi delle piume azzurre del primo Martin Pescatore, potrà dire: “Hai visto? Ne valeva la pena, no?”
Negli anni ho cominciato a osservare il funzionamento di queste reazioni istintive.
Una cosa che mi colpisce e che non avevo mai preso in considerazione è la loro rapidità.
Ora so che un’influenza può scatenarsi in un arco brevissimo, forse di un minuto o poco più. Ora sto bene, ora, improvvisamente, devo sedermi, ho mal di testa, sento di avere la febbre.
Ho osservato inoltre una sorta di pre-scarica, di qualche minuto di tempesta emotiva interiore prima che un’influenza scoppi. L’ultima volta, poco più di una settimana fa, ho proprio riconosciuto questa tempesta emotiva e invece di credere al contenuto dei miei pensieri cupi mi son detto: tra cinque minuti avrò la febbre - e così è stato.
Il centro istintivo è trentamila volte più veloce di quello intellettuale. Nel tempo di un pensiero, trentamila azioni hanno luogo in ambito istintivo, c’è tutto il tempo di organizzare e scatenare un’influenza.
Nel mio caso particolare, il centro istintivo è anche il mio centro di gravità, la parte che comanda la macchina. Per questo, al risveglio, il “Non ne parliamo proprio di alzarci” suonava come un comando, aveva un tono molto autoritario.
Chi è centrato istintivamente ricerca costantemente il risparmio energetico. Vuole accumulare, non sprecare. Per questo le sue strategie preferite sono astenersi (non ne parliamo proprio), o fuggire. Astenersi o fuggire da qualsiasi possibile dispersione di energia, che viene vissuta come un passetto in direzione della morte - e il centro istintivo è la guardia del corpo del corpo, vuole mantenerlo in vita e in salute.
A volte, si possono vedere dinamiche di coppia in cui uno dei due partner vive un momento di crisi in modo istintivo, chiudendosi o allontanandosi - e l’altro in modo emozionale, aumentando il bisogno di essere amato, considerato, riconosciuto. Questa è una spirale negativa, poiché più uno chiede energia, più l’altro desidererà negarsi e salvarsi fuggendo; più uno si assenta, più l’altro entrerà in uno stato di ricerca famelica di attenzione.
Il nostro senso di identità non dovrebbe risiedere in queste dinamiche. Noi non siamo quello. Il gioco dei centri, delle loro percezioni e reazioni è semmai la tribù che ci portiamo appresso, un clan di strani personaggi, ciascuno con le proprie fissazioni. Non ci possiamo separare da essi, ma nemmeno dobbiamo credere a tutto quello che dicono.
Creare qualcosa di separato da essi e percepire da quella parte è fare, l’inizio della libertà.








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