Ouspensky spiega molto chiaramente qual è l’aspetto principale dello stato di immaginazione: che in esso gli io si presentano senza che noi ne abbiamo alcun controllo. È per questo che il lavoro di un ingegnere che progetta un edificio, o di un coreografo che prepara un balletto, non sono ‘immaginazione’ secondo la quarta via, in quanto le parti intellettuali dei centri hanno un certo controllo sul processo.
Se sto sognando ad occhi aperti, sono in immaginazione. Se il mio corpo è qui e la mia mente è altrove, sono in immaginazione. Se mentre leggo questa frase non sento coi sensi ciò che avviene attorno a me, i rumori, i colori, la temperatura, sono in immaginazione. Se credo che nell’altra stanza ci sia un vaso di fiori e invece non c’è (forse perché pensavo di averli comprati ma poi non l’ho fatto; forse perché io li ho comprati ma poi qualcuno li ha portati via), sono in immaginazione. Tutta la mia vita avviene in immaginazione. Tutto ciò che ho appreso, pensato, creduto in questo stato non ha alcun valore.
Per acquistare valore devo uscire dal secondo stato. Come dice un proverbio persiano: “Bisogna partire di notte per arrivare di giorno.”
Il lavoro spirituale è tutto qui.
“Una cosa è certa
E il resto, menzogne”
(Omar Khayyam)
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