Oggi ho sfogliato alcuni passaggi di un libro, letto più volte, ma che non riprendevo da un po' di tempo, e vi ho trovato degli aspetti nuovi e profondi che erano sempre passati inosservati. Questa è un'esperienza ovvia e vissuta da tutti, ma gli ho dato qualche pensiero in più, aprendo la porta ad altre riflessioni.
La prima è che la capacità di comprendere un libro non è mai la stessa; qualsiasi libro ci dice tanto quanto noi siamo capaci di ricevere, e questo ha a che fare con quello che il sistema definisce 'livello di essere', ossia la capacità di partecipazione alla realtà o a un aspetto di essa. Un altro modo di vederla è che in più centri entra l'informazione, più aumenta la sua comprensione, che diventa ancora più profonda se oltre ai centri inferiori appare uno stato di presenza. Essendo tutto questo fluttuante, la mia capacità di penetrare le parole scritte varia a seconda di dove mi trovo internamente.
Questo invita un'altra riflessione: un libro rappresenta un messaggio nello stesso modo in cui lo è un semplice momento della nostra giornata o un impressione, o una persona che mi trovo davanti. La mia capacità di farne esperienza varia a seconda del mio livello di essere di quel momento. È nella natura del sonno immaginare che tutto è sempre uguale a se stesso, ed è nella natura della presenza realizzare che tutto è lì per la prima volta. In questo l'immaginazione e l'identificazione ci limitano nella possibilità di vivere la realtà e il miracoloso.
La tendenza a vivere utilizzando le parti formatorie dei centri (i fanti) contribuisce a rendere tutto immobile e congelato facendoci pensare che un fiore sia un fiore o un sasso un sasso. Certo è necessario codificare e definire le nostre vite perché 'il mondo vada avanti'. Allora dobbiamo dire che adesso sono le 10 e che il cielo è blu, ma dimenticando che sono codici rimaniamo ciechi alla realtà.
Questo è vero anche nei rapporti con noi stessi e con le altre persone che consideriamo unificati. Parte dei nostri fardelli di auto deprecazione si basano su giudizi pietrificati su noi stessi provenienti da un passato che esiste solo nella nostra immaginazione. 'Non sono bravo abbastanza', 'non c'è la farò mai'... o il nostro senso di auto importanza.
Le nostre interazioni sono espressione dei molti io, che cambiano a seconda dello stimolo e dello stato del momento. In genere ci attacchiamo all'ultimo scambio avuto con qualcuno giorni o mesi prima e quando ci ritroviamo ripartiamo da lì, non comprendendo che probabilmente troveremo una persona che si esprimerà attraverso un differente gruppo di io. Questo è alla base di molti conti in sospeso e incomprensioni.
Possiamo davvero vivere come se tutto fosse nuovo? La risposta risiede nel viaggio personale di ognuno di noi.
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