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sergiosessini

Il tesoro nascosto



Ripensando ad anni di post che abbiamo scritto in questo spazio, mi è venuto in mente che forse non abbiamo parlato abbastanza di un aspetto fondamentale:

Essere presenti è bello, bellissimo; ed essere addormentati è brutto, bruttissimo, una vita miserabile che a stento vale la pena di essere vissuta.

I momenti che ricordiamo nella nostra vita sono momenti di presenza. Ma tre, quattro episodi non bastano, la vita andrebbe vissuta tutta e non saltata come si salta un giorno di scuola per rimanere a dormire.

E allora perché così spesso ci concentriamo su aspetti che belli non sono, o non appaiono: sforzo, sofferenza, disciplina, esercizi, fare ciò che a noi (a ‘esso’) non piacerebbe fare… ?

Mi viene in mente il dipo di discorsi che un genitore farebbe al figlio che sta per partire in gita scolastica: “Copriti bene che la notte farà freddo; stai attento al portafoglio che perdi sempre tutto; occhio che in queste occasioni si beve e si fuma, rischi di star male davvero e noi non saremo lì a coccolarti, se stai male ti dovrai arrangiare…”

Quello che il genitore vorrebbe poter dire è: “Sei molto giovane. Questo sarà un viaggio bellissimo. Potresti avere ricordi indimenticabili: voglio che tu sia felice e ti auguro tre giorni di beatitudine assoluta.”

Ma non può. Perché se il figlio dimentica il portafoglio, non si copre se fa freddo, si scola mezza bottiglia di Whisky e sta male per due giorni, la vacanza non sarà un paradiso. Quindi lo mette in guardia.

A torto o a ragione, noi qui riteniamo di avere un messaggio prezioso da comunicare. E conosciamo anche il mondo dei social media: una rete di comunicazioni superficiali, a volte in malafede, altre volte in buona fede ma altrettanto inutili se non dannose, perché non portano da nessuna parte e confondono chi cerca davvero.

Se parlassimo unicamente di quanto è meraviglioso lo stato di presenza (e questo è ciò che ci ripete incessantemente il nostro maestro), solleciteremmo un’immaginazione selvaggia in chi ci legge. Poiché, senza un lavoro preliminare, si fraintenderà tutto ciò che scriviamo e ci si illuderà di essere presenti, mentre invece si resterà immersi nella più profonda immaginazione. È inopportuno soffermarsi troppo sul tesoro, quando c’è il rischio che la persona che ascolta scambi per prezioso qualsiasi coccio di vetro.

Davanti all’ingresso di ogni tempio (Egizio, Cinese, Indiano, Maya, e via dicendo) ci sono spesso dei guardiani agguerriti: l'idea è che certe cose non pure non possono entrare. In altre tradizioni, come quella islamica, ci si deve purificare lavandosi.

Il tempio rappresenta il lavoro verso lo stato di Presenza. Esiste un’area esterna, dove tutti possono muoversi. Esiste poi un’entrata, riservata a coloro che in qualche modo si sono purificati. Esiste una prima area interna, dove i fedeli possono raggiungere uno stato di concentrazione: e un Sancta Sanctorum, di solito riservato a pochissimi, dove ci si trova faccia a faccia col Dio.

Noi, qui, siamo le guide che dicono: “Tra cinquecento metri troverete il tempio: attenti ai guardiani, ci sarà da purificarsi.”

Le nostre parole si rivolgono al Centro Magnetico (potete cercare questo termine nel gruppo se non lo conoscete o non lo comprendete bene), la parte in una persona che è attratta dalla presenza.

Il centro magnetico, una volta intrapreso un serio lavoro di scuola, diventerà prima Io Osservatore, poi Maggiordomo Interinale, e infine Maggiordomo. Le parole che si rivolgono al Maggiordomo, o a qualsiasi forma che lo precede, sono parole rivolte a chi ha uno scopo, vuole svegliarsi. Parlano di una direzione da seguire, di sforzi e disciplina, di ciò che è buono o cattivo in relazione a quello scopo.

Una volta entrati nella zona più interna e sacra del tempio, la faccenda è diversa. Non c’è buono o cattivo, non c’è sforzo e intenzione. C’è una forma di beatitudine slegata da ciò che succede alla ‘macchina’.

Ci sono uccelli che fanno fatica a staccarsi da terra. Prendono la rincorsa, sbattono le ali furiosamente. Infine, dopo grandi sforzi, decollano. Salendo, si intuisce ancora lo sforzo ma, a un certo punto, smettono di affannarsi e semplicemente, beatamente, planano.


“Chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare.”

Leonardo da Vinci

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