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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

Immaginare e fare

Nei giorni passati c'è stata una fase lunare, che è sempre un'occasione per fare osservazioni più evidenti sulla meccanicità.

Per chi è nuovo al concetto di auto osservazione suggerirei di cominciare con il guardare qualche vecchio post sull'argomento, visto che non è un soggetto così scontato, e costituisce il punto di partenza per qualsiasi lavoro su di sé.

Un aspetto che è apparso ovvio in questi giorni è la tendenza dei centri inferiori a sfuggire al momento presente, stimolando uno stato costante di tensione, confusione interiore e immaginazione. Alcuni eventi che si avvicinano hanno generato inoltre un vago senso di pressione.

Osservando l'immaginazione posso vedere che il leitmotiv è il tentativo di risolvere 'problemi' (la maggior parte immaginari) - di situazioni passate, oppure anticipando ciò che può venire. La prevalenza dell'uno o dell'altro (passato o futuro) può mostrare anche delle caratteristiche, ma questo è un altro soggetto.

Possiamo dire che pressione, tensione, confusione interiore, trovano spesso la loro origine nel tentativo di 'fare', e di modellare la realtà al nostro senso di 'io'.

Un saggio indiano dice che "colui che pensa di fare è anche colui che soffre".

Continuando su questo pensiero, possiamo forse percepire che la sofferenza evapora nel momento in cui cade il senso del 'fare', del dover 'fare', o del poter 'fare.

Nel momento in cui siamo presenti diminuisce o scompare l'attività di pianificazione del fare da parte dei centri inferiori - essi sono più come cavalli tenuti sotto controllo dalle briglie dei centri superiori, e si limitano a rispondere con semplicità a ciò che c'è nel presente. Questo è l'unico fare possibile.

Quando Gurdjieff dice che l'uomo non può fare, probabilmente non si riferisce solo al fatto che tutto avviene secondo la legge dell'accidente e delle caratteristiche meccaniche. Questo punto di vista, preso da solo, ha in sé il rischio di mantenere il lavoro al livello della macchina, stimolando lo sforzo di sviluppare una volontà che mi farà raggiungere dei risultati tangibili (anche nel risveglio) che andranno a nutrire il sé inferiore, perché ancora nasceranno dalle proprie caratteristiche, e quindi accadono secondo dinamiche meccaniche.

La volontà reale e l'unico fare coincidono con lo stabilirsi nei centri superiori.

Da lì anche 'risultati esteriori' possono arrivare, ma saranno in armonia con la realtà della presenza.

Questo richiede indubbiamente un atteggiamento di accettazione di quello che il presente ci mette davanti, sulla scala del momento, della nostra giornata, o della nostra vita.

"Se di momento in momento la tua mente risiede in ciò che è, e lo lascia cadere subito senza sforzo, la mente diventa non-mente, piena di purezza".

Yoga Vasishtha

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