In viaggio
- Il Ricordo di Sé
- 23 mar
- Tempo di lettura: 2 min

Sul treno. Mi ero assopito, e vengo svegliato da un bimbo che piange. Non piange. Urla, con tutta la disperazione di cui è capace, come fa un bimbo, che quando fa una cosa ci mette tutto se stesso. I genitori provano, inutilmente, a farlo calmare, il padre, in piedi, lo ha preso in collo dondolandolo e sorridendogli e offrendo parole di conforto, la mamma prova a deviare la sua attenzione mostrandogli qualcosa sul cellulare. Entrambi i genitori sono evidentemente a disagio, preoccupati di disturbare i viaggiatori sul treno.
Stanno "considerando internamente", per usare il linguaggio della quarta via, ossia sono identificati con quello che la gente può pensare della situazione, e con il disturbo che il bimbo sta creando. Osservo le altre persone, alcune con espressioni più o meno ovvie di disappunto. Una donna sorride ai genitori, sembra provare della compassione, il suo centro emozionale vuole sostenerli in qualche modo.
In me stesso ci sono tutti questi io, ogni centro reagisce come sua natura, il centro istintivo prova attrito, il centro emozionale è stato educato a comprendere la situazione e a trasformarla, ossia accetta e prova a usare l'energia dell'attrito per essere più nel momento presente. Il centro intellettuale supporta portando atteggiamenti utili per la situazione.
Questo è il piano dei centri inferiori, dove il lavoro avviene, per creare e mantenere l'equilibrio che facilità il riconoscimento dei centri superiori.
Essi sono su un altro livello, dove c'è una certa neutralità, e ognuno dei dettagli elencati, esteriori o interiori, perdono i loro attributi, che continuano necessariamente a esistere nei centri inferiori, in diversi gradi di identificazione, come fossero il vestito del momento: questo mi piace, questo no, questo è giusto, questo no, sono triste, o felice, o annoiato. È qui che il percorso di osservazione, di dare un nome ai meccanismi dell'essenza, della personalità, e delle leggi che ci governano è necessario.
Su un piano meno visibile, tutto quello che viviamo e osserviamo, su scala grande o piccola, è un evento che diventa significativo per i centri superiori per riconoscersi in ogni cosa: un bimbo che urla, i genitori e le altre persone con le interazioni implicate, il mio amico che nonostante le urla continua a dormire accanto a me, un uomo che mangia il suo pranzo, gli io, i miei e quelli degli altri.
I centri superiori hanno un senso di apertura e di curiosità, per il prossimo momento che arriva, come quando siamo in viaggio, magari in treno, e guardiamo dal vetro il paesaggio, nuovo a ogni istante.
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