Domanda: "Le emozioni negative da dove provengono? Hanno una collocazione fisica o spirituale? Dove nasce l'energia delle emozioni negative?”
È una domanda interessante. L’argomento è uno dei più importanti e pratici di cui ci si possa occupare.
Più che ‘ripassare’ sui libri, l’invito a un lavoro pratico è di osservare cosa ci succede nella nostra giornata.
La nostra macchina è costantemente attraversata da energia, in uscita e in entrata.
Il cibo porta energia. L’aria che respiriamo. Una buona notte di sonno procura energia. Impressioni o persone portano energia di natura emozionale.
Ogni momento di presenza immagazzina una speciale forma di energia.
Uno dei nostri problemi è che non siamo abituati a gestire l’energia che ci circola in corpo; specialmente se abbondante. Cominciamo ad avvertirla come disagevole. Una certa inquietudine nervosa ci attraversa.
A un certo punto della giornata, qualcosa comincia ad andare storto.
Giungono intervalli. Un collega antipatico ci tormenta. Un raffreddore comincia a farsi sentire. Veniamo accusati ingiustamente. Ci accorgiamo di non aver comprato il pane. Nessuna delle camicie è stirata e ora dobbiamo uscire e non c’è tempo.
La nostra percezione della situazione diventa via via più scura.
E qui succede qualcosa di cui intellettualmente sappiamo; ne abbiamo letto, ci abbiamo riflettuto - ma ci frega ugualmente. Il nostro centro emozionale (che, nella maggior parte dei casi, è poco educato) comincia a tirare a galla catene di episodi simili, ricordi recenti e antichi, e a riprodurre vecchi atteggiamenti di risentimento, o rabbia, frustrazione, autocompatimento, meccanismi generatisi in modo automatico durante l’infanzia.
Torniamo bambini, nel peggior modo. Anche se un attimo prima abbiamo dissertato sull’importanza di non esprimere emozioni negative mai, per nessun motivo. Ciò che abbiamo letto si ferma al centro intellettuale e non ha permeato il nostro essere.
La catena associativa emozionale viene da molto indietro nel tempo - da quando non avevamo nulla contro l’esprimere negatività. E questi ‘io’ molto vecchi danno all’emozione negativa il permesso di manifestarsi.
Strepitiamo. Urliamo. Oppure stiamo zitti in modo ostile, facciamo il muso.
Questi sono i due fattori principali: energia che non si sa gestire e, soprattutto, il dare permesso all’emozione negativa di manifestarsi. Ouspensky invitò a notare che dietro ogni emozione negativa c’è un permesso che le abbiamo dato.
Il lavoro per decostruire questa catena di associazioni e reazioni è lungo e a volte penoso.
Bisogna sforzarsi di tenere gli occhi aperti quando vediamo avvicinarsi un’emozione negativa.
Bisogna ragionare sul perché ci arriva, in quali circostanze, e sul perché proprio quelle.
Bisogna capire, al di là dei singoli episodi, cosa mi fa perdere la testa. È vanità? Invidia? Gelosia? Paura? Insicurezza? E così via.
Bisogna predisporre degli scopi per quando una situazione analoga si ripresenterà.
Infine, bisogna avere la forza, quando la situazione si ripresenta e il fuoco divampa, in quel momento di NON permettere alla negatività di esprimersi.
E allora si vedrà dell’altro.
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