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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

La simmetria del Taj Mahal

L’ultima tappa del mio viaggio in India è stata il Taj Mahal. Monumento grandioso e estremamente raffinato dell’arte Moghul.

Poiché siamo in ambito islamico, in questo palazzo di marmo bianco non ci sono statue o raffigurazioni naturalistiche. Soltanto motivi floreali e forme geometriche. L’esterno di marmo bianco sorge dalla nebbia come un fantasma, in contrasto con gli edifici rossi che lo attorniano. Mi è parso rappresentare i centri superiori, mentre la pietra rossa manifestava il normale livello umano delle funzioni. Mi ha ricordato i merletti di pietra bianca che si possono incontrare a Venezia. Una volta all’interno, le decorazioni sono principalmente floreali, ad intarsio. Petali, foglie e steli di marmo colorato incastonati nel marmo bianco con una precisione e accuratezza da far girare la testa. In tutta l’India ho assistito a opere prodigiose di artigianato, soprattutto tessile, tecniche incredibilmente complesse come la tintura, centimetro per centimetro, dei fili di trama in un telaio, che soltanto una volta serrati riveleranno il disegno; e altre dove un solo errore, una sola svista avrebbe distrutto il lavoro di mesi o di anni. Mi è parso evidente che questi lavori artigianali sono stati pensati inizialmente da scuole, per praticare esercizi di attenzione - e anche quanto queste pratiche siano state distrutte dall’avvento dell’era industriale.

Nel Taj Mahal, con l’amica studentessa che mi accompagnava, abbiamo iniziato a notare i dettagli di questi fiori. Erano tutti disposti simmetricamente. Inclinati a destra o a sinistra. Destra uguale a sinistra, alto uguale a basso. Dove si apriva una porta o una finestra, le soluzioni di simmetria lasciavano stupefatti. Il fiore centrale non era però perfettamente verticale, come avrebbe voluto una simmetria perfetta, ma inclinato da un lato. Piano piano abbiamo visto che esistevano simmetrie più ampie - un secondo blocco di fiori dove, stavolta, il fiore centrale era inclinato dalla parte opposta. E così via, spinti commento dopo commento, osservazione dopo osservazione, in una specie di vertigine percettiva, una meditazione in questo labirinto geometrico. Tutta l’attenzione di questi ignoti artisti guidava la nostra. Eravamo presenti, interessati alle simmetrie dei fiori più che ai nostri piccoli ‘io.’ Nel frattempo gli altri visitatori si annoiavano in fretta di questi fiori senza fine, e mi sono reso conto di quanto tempo mi ci sia voluto perché la mia attenzione non cedesse dopo qualche minuto, di quanto il lavoro di scuola mi abbia dato accesso a un oceano di bellezza.

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