Nella tradizione della Quarta Via un lavoro di scuola impartisce una disciplina che non riusciremmo a darci noi stessi: non da soli, non coi libri, non con altri alla ricerca come noi. Abbiamo detto più volte in questa pagina della necessità di un maestro risvegliato che è libero dalle leggi dei molti io, e che conosce la strada per averla percorsa. "Un uomo non ha abbastanza volontà per fare" - diceva Gurdjieff - "ma ne ha abbastanza per obbedire a un'altra persona. Solo in questo modo può sfuggire alla legge dell'accidente. Non vi è altra via".
Questo potrebbe fare pensare a una contraddizione con un altro principio base di questa tradizione, la verifica, ma in realtà così non è, in quanto l'obbedire a qualcuno deve scaturire dalla verifica profonda del proprio sonno e della propria incapacità a procedere come abbiamo sempre fatto. Il principio è semplice: se realizziamo che siamo ammalati, magari dopo aver provato qualche cura letta sul web, e visto che non funziona, ci convinciamo della necessità di andare dal dottore e di dover obbedirgli, se vogliamo guarire.
O se vogliamo imparare bene a suonare uno strumento, poiché abbiamo visto che non possiamo progredire da soli oltre un certo livello, dobbiamo obbedire ai precetti del maestro di musica.
L'obbedienza crea disciplina e comprensione, via via che i respingenti che ci nascondono chi siamo, vengono piano piano rivelati e eliminati. Si crea così qualcosa di più stabile in mezzo ai molti io: un maggiordomo interinale, e poi un maggiordomo, ossia una capacità di osservazione più profonda unita a una serie di atteggiamenti e 'io di lavoro' che, con continuità, correggono le disfunzioni dei centri inferiori e ciò che si oppone al risveglio. Si prepara così il terreno per i centri superiori, che possono apparire e riconoscere se stessi quando interiormente c'è un certo ordine.
A questo punto, l'obbedire a un maestro include obbedire a un maestro interiore: comincia ad esserci una certa direzione (un centro di gravità permanente) valutazione, e comprensione di esperienze più definite di stati superiori di consapevolezza. Si obbedisce ai propri centri superiori, o agli io di lavoro impartiti dal maggiordomo.
Il concetto di obbedienza può creare una certa resistenza, soprattutto perché si pensa ad essa come a un limite della libertà personale, e non ci si rende conto del fatto che offriamo ciecamente la nostra obbedienza alle nostre meccanicità e ai condizionamenti del nostro vissuto.
"Ascoltare è obbedire" replica un servo agli ordini del padrone ne Le Mille e Una Notte, e ci ricorda che obbedire è composto da 'udire'.
Rodney Collin ci dice che "Non c'è nulla che non potremmo fare attraverso l'obbedienza. Se fossimo davvero obbedienti, qualcuno potrebbe dirci: 'Scrivi una poesia!' e noi la scriveremmo. Ci potrebbero dire: 'Danza!' e noi danzeremmo, anche se non avessimo mai danzato prima. Obbedienza significa ascoltare".
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