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Qualche osservazione sull’essenza - prima parte

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 9 ore fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Una delle distinzioni attraverso le quali la Quarta Via spiega l’essere umano è quella tra essenza e personalità.


Per la quarta via, lo ripetiamo ancora una volta a scanso di equivoci che con questo argomento non mancano mai, sia l’essenza (ciò che in noi è innato) che la personalità (quello che abbiamo appreso) sono meccaniche, ovvero rispondono a leggi fuori dal nostro controllo. Tuttavia l’essenza è da un certo punto di vista meno meccanica della personalità, in quanto più autentica. Infatti parecchie cose che ci sono possibili in essenza, non lo sono se siamo in personalità. L’essenza è l’animale che siamo, mentre la personalità è un insieme di istruzioni interiorizzate.


Essenza è il colore dei miei occhi, la mia propensione al movimento o alla quiete, a una certa malattia, l’insieme di alcuni talenti e limiti già presenti in me alla nascita.

Personalità è l’accento con cui parlo, le parole che scelgo e i gesti che l’accompagnano, il modo con cui mi spiego il mondo, l’insieme delle mie opinioni e valori.


Uno scambio tra individui in personalità può essere un dibattito, la stesura di un contratto, la spiegazione di un insegnante alla classe, il nostro comportamento nel traffico. Uno scambio in essenza è il muto dialogo tra padrone e cane che si abbracciano, tra giardiniere e pianta, tra due persone che condividono silenziosamente un tramonto. (Vedete quante parole in meno ci sono in essenza).


Personalità è ciò che conosco, attraverso letture, filmati e resoconti, della vita in prigione, del comportamento degli squali e di come sfuggire a un attacco, del momento appropriato per annaffiare i pomodori, del cibo giusto da mangiare per essere sani, con le giuste sostanze e componenti.


Essenza è ciò che ho vissuto quando sono stato incarcerato in prigione, la mia esperienza di quando uno squalo voleva attaccarmi, il momento in cui sento che il boccone che sto ingoiando è giusto per il mio corpo in quel momento.


La personalità esiste come guscio protettivo per l’essenza per limitarne la sofferenza e i danni (in assenza della supervisione della personalità, se sono in essenza e scopro che tu pensi male di me, ne soffrirò moltissimo; se sono in essenza e tu possiedi una collana che vorrei avere, ti ucciderò per prendermela; per il vivere sociale la personalità e il dominio femminile, ovvero l’interiorizzazione di certe regole, sono necessari).


La scrittura e lettura di questo post avvengono in personalità. L’interesse per lo spirituale nasce in personalità, che è proprio la parte che presto saremo chiamati a mettere in secondo piano. Questo costituisce uno dei primi ostacoli per lo studente in un percorso spirituale.


Nella società in cui viviamo questa suddivisione non è riconosciuta (così come l’idea della suddivisione in tanti io, e molte altre: siamo considerati per ciò che non siamo e spesso ci viene richiesto di essere qualcosa di diverso e superiore oltre a ogni speranza rispetto al nostro livello di essere).


Questa inabilità a riconoscere l’essenza sta alla base di molta infelicità psicologica. La società è costruita sull’immaginaria idea di esseri più o meno tutti uguali, le cui posizioni e ruoli sono sostanzialmente intercambiabili, e la stessa forma di questi ruoli non tiene conto della natura umana, cosicché ci ritroviamo tutti quanti a contribuire alla nostra infelicità personale.


Il modo in cui diamo un contentino all’essenza, che spesso non conosciamo se non come una voce che grida insoddisfazione è, ad esempio, ritagliare una porzione del nostro tempo per coltivare un hobby, avere un animale, prendersi del tempo libero per viaggiare.

Culture diverse riservano uno spazio diverso all’essenza.


Ricordo che, nel periodo in cui vivevo negli Stati Uniti, nazione dove si dà poco spazio all’essenza (e inoltre quel poco spazio che si concede avveniva in modalità a me estranee), feci un viaggio a Città del Messico. Appena arrivato all’albergo vidi che la signora alla reception stava finendo il turno e veniva sostituita da una collega. Le due, incontrandosi, si abbracciarono. Un abbraccio lungo, intenso, direi struggente. Guardandole, mi resi conto che una scena del genere sarebbe stata impossibile negli USA.


In società come quella italiana, possiamo vedere l’essenza mostrarsi nei rituali sociali legati al cibo, al mangiare insieme. Il punto sorgente dell’essenza è il centro istintivo, ed è spesso questa parte in noi che sente il bisogno di essere riconosciuta e accontentata, anche se in parte. Società come quella anglosassone che non hanno questo rapporto col cibo, possono esprimersi attraverso il consumo di alcol, con l’allentamento della personalità permesso in alcuni casi previsti. (Penso al carnevale, momento socialmente riconosciuto dove rimuovendo la responsabilità individuale con una maschera - “Persona” - ci si possono concedere libertà che non sono ammesse al di fuori di quel contesto). In India, dove sono stato un anno e mezzo, l’essenza è molto più forte che da noi, con una serie di risultati indesiderati che creano disordine organizzativo e una forma di dominio femminile particolarmente oppressiva.


Queste concessioni all’essenza che ho menzionato, hanno in comune il fatto di essere create per poter indulgere in ciò che l’essenza desidera. Gurdjieff fece notare che nelle società moderne occidentali lo sviluppo dell’essenza si arresta a un’età ancora infantile. Prima dell’inizio della pubertà l’essenza si arresta o, in alcuni casi, muore. Un’essenza del genere è un bambino capriccioso. Ascoltarla significa ascoltare i desideri di un essere incompleto, inesperto, inaffidabile.


La crescita dell’essenza avviene attraverso esperienze, in un contesto di scuola. Una delle cose che il mio maestro ha detto e che a suo tempo mi colpirono immensamente è che si entra in essenza con la non espressione delle emozioni negative.

(Venerdì prossimo la continuazione di questo lungo discorso).

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