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Qualche osservazione sull’essenza - seconda parte

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 5 min

La prima cosa che tengo a precisare in questa seconda parte del discorso sull’essenza (non hai letto la prima? Consiglio di partire da lì, per evitare malintesi, che attorno a questo argomento abbondano), è che questa idea, come del resto qualsiasi altro dei concetti che esponiamo qui, deve essere compresa in modo pratico e non teorico; deve diventare parte delle nostre semplici esperienze quotidiane.


Dico questo perché mi rendo conto sempre più che la maggior parte delle persone ha un approccio teorico e piuttosto nebuloso a queste idee, che vengono percepite come misteriose, lontane, complicate e possibili da comprendere solo grazie a esercizi intellettuali contenuti nelle parole di qualche libro.


Finché si percepisce in questo modo si manterrà una distanza tra le idee e la nostra vita, col risultato che la nostra conoscenza sarà in gran parte immaginaria e non avrà alcuna utilità. Se non so in pratica cos`è l’essenza, non so cos’è. Devo arrivare al punto che se qualcuno mi dice: “Ieri ho incontrato Alfredo, era proprio in essenza”, questa frase mi sia chiara esattamente come: “Ieri ho incontrato Alfredo, starnutiva per via della sua allergia ai pollini.”


All’inizio si fatica a separare ciò che in me è appreso e ciò con cui, indiscutibilmente, sono nato e che costituisce la mia essenza; anche perché la stessa manifestazione può essere innata per me e appresa nel tuo caso. Una fase esplorativa in cui si prendono delle cantonate è normale e persino sana. La buona notizia è che l’essenza è una di quelle idee che dopo qualche tempo diventano piuttosto facili da comprendere.


Uno dei posti insospettabili in cui si possono ricavare informazioni sull’essenza è nelle semplici conversazioni di famiglia. Quando una madre, parlando dei suoi figli, dice: “Luca è sempre stato coraggioso, ama proprio il rischio, si vede. Da bambino saliva sugli alberi e poi si buttava giù facendo Tarzan, oggi è un operatore finanziario specializzato in investimenti ad alto rischio… Marco invece è timido e mite. Da bambino leggeva sempre, non piangeva e non disturbava. Oggi è bibliotecario.”


Questa madre sta parlando di essenze diverse - specialmente se si tiene in conto che sia Luca che Marco sono cresciuti nella stessa famiglia, sottoposti alle stesse influenze, ricevuto lo stesso imprinting iniziale di personalità.


Ho un nipotino di tre anni. La sua passione sono le costruzioni e le macchine, che è bravissimo a manipolare e modificare. Posso quindi stabilire con certezza che il suo centro di gravità è nel centro motorio.


Come posso esserne così certo? Per il fatto che nessuno, attorno a lui, ha un buon centro motorio, che anzi per qualche motivo è in chi lo circonda particolarmente sottosviluppato. La passione per ruspe, Lego, macchine dei pompieri e ambulanze è tutta sua, gli appartiene, è inscritta nel suo DNA, è evidente.


Il centro di gravità di una persona equivale a quasi il 50% della propria essenza.

(L’altro 50% è dato dal tipo di corpo; chi è curioso di questa idea e non la conosce può trovare una dozzina di vecchi post collegati sull’argomento, intitolata: “I tipi umani”).

A tre anni è facile essere carini, incassare complimenti e tenerezze. Ma arriverà il giorno in cui il mio nipotino vorrà piacere alle ragazze, farsi rispettare e ammirare dagli amici, vedrà qualcosa di “figo” e deciderà che anche lui vuole incorporare quel vestito, quella pettinatura, quel gesto, quell’espressione facciale, quel vocabolario. Il percorso di formazione della personalità avrà inizio, è questione di pochi anni.


Possiamo dire che buona parte della personalità sta nel voler incorporare in noi qualcosa che ci è piaciuto in altri - e che ci suona come una promessa di diventare più attraenti, sexy, amati e ammirati. Per un così desiderabile risultato siamo disposti a dimenticare la nostra essenza, a tradirla, seppellirla sotto un mucchio di nuove abitudini, che finiranno per nasconderla ai nostri stessi occhi.


(In questo modo incorporiamo anche abitudini socialmente positive come buoni comportamenti, valori condivisi, proprietà di pensiero e di linguaggio, e via dicendo).

Ecco perché si dice che l’essenza ci appartiene mentre la personalità è presa a prestito. La passione delle macchine è (nel suo caso particolare) tutta sua; la pettinatura che sceglierà tra qualche anno per essere “cool”, sarà copiata da qualche cantante o ragazzino più grande che può vantare un certo successo nella sua bolla sociale. Chi è nato 50 anni prima, o nascerà 50 anni dopo di lui, pur compiendo la stessa operazione di formazione della personalità, imiterà pettinature diverse. (Ciò che è di moda dimostra il suo essere ridicolo soltanto quando cessa l’identificazione e la magia si rompe, come si può osservare semplicemente mostrando a chiunque una sua vecchia fotografia e ascoltando i suoi commenti su com’era vestito e pettinato).


Per la stragrande maggioranza delle persone nella nostra cultura ed epoca, il lavoro sull’essenza comincia riconoscendola, e riprendendo a svilupparla dove si era arrestata. Poiché in quasi tutti gli uomini occidentali contemporanei la personalità, come un rampicante infestante, ha interamente coperto e soffocato l’essenza, arrestandone lo sviluppo. Non è così per tutti gli uomini e per tutte le epoche, ma per noi è in gran parte così. Ho conosciuto ben poche persone con un’essenza sviluppata, ma non abbastanza personalità per poter assimilare intellettualmente queste idee: o potevano comprenderle in personalità, ma l’atrofizzazione dell’essenza modificava queste idee fino a renderle il contrario di quello che sono; oppure mi trovavo davanti a persone in cui sia l’essenza che la personalità erano insufficientemente sviluppate - né si poteva affrontare un ragionamento non superficiale, né erano sensibili alle semplici cose della natura, della bellezza, del cibo, del semplice godimento della vita (quest’ultimo caso è, purtroppo, sempre più frequente e segna un imbarbarimento della nostra cultura che non sarà senza conseguenze).


Forse adesso sarà più chiara la mia frase iniziale sul perché sia necessaria una conoscenza dell’essenza pratica e semplice e non libresca. Perché non si può arrivare all’essenza usando le armi della personalità. Non si può che fallire, esssenza e personalità si collocano su due livelli di esistenza diversi.


Il metodo più semplice e immediato che conosco per far entrare una persona in essenza è: portarla al mare. Funziona col 90% degli esseri umani. Al contatto con l’acqua, molto probabilmente comincerà a ridere, si rilasserà, gran parte delle solite preoccupazioni e opinioni saranno dimenticate e comincerà a farti vedere quanto riesce a stare senza respirare. (Anche qui, ahimè, è possibile vedere persone assolutamente non intaccate dalla natura, rifugiarsi magari dietro un costume e occhiali da sole dal marchio prestigioso che suggerisce disponibilità di denaro, più preoccupati di essere desiderabili che non di fare capriole sott’acqua. Per questo motivo, personalmente ricerco con grande attenzione angolini quanto più possibilmente deserti e scelgo di non sdraiarmi su un ombrellone accanto a centinaia di altri, preferendo scomode ma magnifiche rocce appartate; ma è una scelta soggettiva).


L’essenza di una persona può essere morta. In quel caso, per essa non c’è più possibilità di sviluppo spirituale. È incredibile come una macchina umana, come un meccanismo fatto di acciaio e bulloni, come un robot, possa essere portata in giro, parlare, discutere, avere anche ruoli sociali importanti, ma essere già morta - non metaforicamente, ma in realtà. Una volta che si capisce cos’è l’essenza, queste persone diventano facilmente riconoscibili - assomigliano a quegli alieni dei film di fantascienza che fingono di essere umani, non riuscendoci mai completamente. C’è qualcosa di falso e privo di energia in chi si esprime esclusivamente dalla personalità - ma occorre avere gli occhi aperti per vederlo. Queste persone morte sono necessarie affinché accadano certi avvenimenti, e non di rado sono ammirate e assumono posizioni sociali di grande rilevanza, e giungere a decisioni di estrema crudeltà. Trovo sempre stupefacente che chi li attornia, non veda o scelga di non vedere che sono morte. Negli occhi, specialmente in quello sinistro, sta la verità.


Mi rendo conto che, per sviluppare ciò che voglio dire sull’essenza, occorrerà una terza parte.


A presto.

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