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Qualche osservazione sull’essenza - terza parte

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 11 giu
  • Tempo di lettura: 4 min

Nel mio post precedente - la seconda parte - avevo inserito una foto di due bambini che avevo scattato recentemente in India. L’espressione del maschietto, i piedi scalzi, la semplicità della scena mi sembravano perfetti per rappresentare lo stato di essenza.


Soltanto più tardi ho notato alcuni particolari: il bambino sta indossando due capi d’abbigliamento nuovi, con tanto di cartellino ancora attaccato, e sta evidentemente chiedendo alla bambina, forse la sorella: “Come sto?”


La foto rappresenta quindi in realtà esattamente il confine tra la semplicità dell’essenza di un bambino molto piccolo e l’inizio della personalità, che come scrivevo inizia a imitare quello che trova attraente, “di moda”, negli altri. L’espressione del bambino è autentica, l’essenza traspare chiaramente. Ma il suo desiderio di apparire ben vestito agli occhi della bambina lo introduce in una nuova dimensione.


L’essenza è in qualche modo più sensibile e più infantile della personalità.


Più sensibile significa più attenta a ciò che è bello e piacevole, oppure al contrario che risente maggiormente di ciò che è sgradevole. Chi è in essenza gode di più e soffre di più. Un caso tipico che osservo spesso è lo scompenso offerto dalle fasi di luna piena e nuova: più si è in essenza e più si sente il disagio in questi momenti.


Ci sono persone che nemmeno avvertono un cambiamento nei giorni di fase lunare, dato che la personalità è piuttosto insensibile a questo tipo di energia - persino i computer risentono di più di una persona che sia ‘blindata’ in personalità.


Ascoltando la voce dell’essenza si apprende ad essere più soddisfatti. Si comincia a mangiare il cibo che più ci piace, a frequentare le persone che più ci piacciono - sembra incredibile, ma in personalità la maggior parte delle persone non riesce a percepire cosa davvero piace. Ad esempio, invece del tipo di uomo o donna che l’essenza trova naturalmente attraente secondo il principio di polarità dei tipi, la persona sarà suggestionata dai cliché dell’epoca e dell’area geografica in cui si trova, ritenendo “belle” le persone che le vengono indicate come belle, senza aver accesso a ciò che l’essenza amerebbe.


Stessa cosa per il cibo. Possiamo chiedere a qualcuno: “Perché mangi questo?” La personalità risponderà con un elenco di vantaggi, opinioni su ciò che è sano, che fa bene, componenti, elementi essenziali e via dicendo. L’essenza risponderà probabilmente: “È buono, assaggia un po’”.


Conosco persone che hanno lasciato la scuola di cui faccio parte dopo aver imparato a conoscere la propria essenza. La loro vita era migliorata, avevano appreso una serie di cose che li rendevano più felici, più appagati e sereni, e hanno scoperto che questa guarigione psicologica e questo riassestamento erano tutto ciò che volevano (ma non è, attenzione, lavoro spirituale: qui sta la differenza tra processo di guarigione e processo di rigenerazione).

Quando una persona raggiunge uno stato di essenza piuttosto stabile, il percorso della sua vita diventa più prevedibile. Viene incontro al suo destino, mentre in personalità era in balia delle fluttuazioni casuali della legge dell’accidente.


È una verità controintuitiva, dato che potrebbe sembrare desiderabile la finta libertà data dal non poter andare da nessuna parte.


(Anche qui, la lettura della serie di 12 post intitolati ‘I tipi umani’ può essere utile a capire).

Come si fa crescere l’essenza? Attraverso esperienze. Ad esempio, affrontando quello che prima ci faceva paura, provando a sopportare quello che prima non si sopportava, a dire quello che prima non si riusciva a dire, ad affrontare quello che prima non si riusciva ad affrontare - a non esprimere negatività laddove la si esprimeva. Il padre di Gurdjieff metteva rospi e serpenti sotto al letto di suo figlio, quando era bambino. Piuttosto che convincerlo in personalità, ragionando sul fatto che non bisognerebbe avere paura, andava dritto all’essenza. I momenti difficili che viviamo sono anche un’opportunità per far crescere l’essenza.


Questo può avvenire in ambito istintivo, motorio oppure emozionale. Sono certo che tutti abbiamo notato, in qualche momento difficile, la differenza tra un “Come stai?” detto per convenzione, e uno detto col cuore. L’essenza ha cuore.


Quando siamo in essenza siamo noi - in personalità, siamo un cumulo di ombre di altri.

È per questo che solo dall’essenza si può essere presenti.


Il mio maestro ha coniato l’espressione “essenza-presenza”, per indicare uno stato di semplicità senza fronzoli, a cui essere presenti; mentre si cammina, si mangia, si guarda in silenzio un paesaggio, un’opera d’arte, si condivide un cibo con amici, ci si abbraccia, si condivide il silenzio.


Favole, miti e leggende parlano ai Centri Superiori passando per l'essenza, bypassando completamente la personalità. Certe opere sono senza tempo perché non sono legate alla personalità dell'epoca e sono quindi in grado di parlare a tutti gli esseri umani, sempre.

Quando si è in essenza, insieme a qualcuno che non è in essenza, questa persona riterrà certi semplici momenti troppo noiosi. Tenderà ad esempio a riempire con parole un silenzio che sente imbarazzante e sgradevole - col risultato di distruggere uno stato più alto per crearne uno inferiore. È una legge che l’inferiore consumi il superiore, il lavoro spirituale è sempre un percorso in salita, controcorrente.


Come ho già detto, si può essere in essenza e non presenti, (l’essenza, da sola, senza presenza, è suggestionabile e tende a identificarsi), oppure aggiungere allo stato di essenza la sensazione di “io sono qui” e voilà, il gioco di prestigio è realizzato.

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