Respingenti
- Il Ricordo di Sé
- 20 ago
- Tempo di lettura: 3 min

Per alcuni anni ho abitato in un appartamento al pianterreno, dove la mia gatta poteva entrare e uscire da una finestra sempre socchiusa. Qualche volta la gatta decideva di entrare dalla porta, che era di vetro e, ogni tanto, se le persone si trovavano in qualche altra stanza, le toccava aspettare qualche minuto davanti al vetro, in attesa di qualcuno che le aprisse. Vedendola, andavo ad aprire e, mentre attraversavo il corridoio, la vedevo quasi sempre - nel 99% dei casi - fare uno sbadiglio.
Questo immancabile sbadiglio nell’attesa dell’apertura della porta è un respingente; un meccanismo che uomini e animali mettono in atto per ‘dimenticare’ una situazione sgradevole, o per non vedere una contraddizione insanabile.
Esiste una malattia del sistema nervoso per cui chi ne è affetto riconosce le persone ma non è in grado di avere un senso di familiarità. È mio fratello quello che è seduto davanti a me: è il suo naso, sono i suoi occhi, la sua voce. Il mio centro motorio lo sa, ma quello emozionale non riesce a ‘sentire’ che quello è qualcuno che conosco da sempre.
Tutti quelli che soffrono di questa condizione giungono alla stessa conclusione: si tratta di un impostore. Qualcuno sta impersonando mio fratello.
Quando ne ho letto, quel ‘tutti’ mi ha molto impressionato: il fatto che tutti giungano a una conclusione così assurda pur di non ammettere a se stessi di aver perso una certa capacità cognitiva, ci dice che questo meccanismo di ‘incolpare le cose’ contro ogni evidenza è una caratteristica comune a tutti.
Similmente mia madre, che negli ultimi anni di vita soffriva di demenza, spesso non mi riconosceva, perché, essendo la memoria a lungo termine molto più permanente di quella a breve termine, ogni volta che si svegliava si trovava in un periodo diverso, spesso lontano nel tempo: si pensava ora ventenne, ora bambina, e via dicendo. Come poteva dunque quest’uomo dai capelli grigi essere suo figlio? Suo figlio era un bambino che aveva appena imparato a camminare.
Noi ‘respingiamo’ la realtà ogni volta che un fatto collide con qualche nostro sistema di credenze e, per farlo, siamo disposti ad abbracciare qualsiasi assurdità.
Abbiamo parlato molte volte del meccanismo dei ‘molti io’; ogni tre secondi un io - pensiero, sensazione o sentimento - si sostituisce a un altro.
Non credo che molti si siano soffermati a soppesare le conseguenze di questa nostra frammentazione. Quando sono in un gruppo di io, mi è facile respingere altri gruppi di io, che pure fanno parte di me, ma non sono attivi in questo momento. Se sento di amarti, respingerò gli io che sono invece stanchi di te e irritati dal tuo comportamento. Domani, quando sarò irritato, respingerò quelli che ti amano.
Finché crederemo ai nostri io, non andremo da nessuna parte. (Tutti i nostri io, non solo quelli che non ci piacciono o non consideriamo intelligenti o nobili).
A molti sarà capitata la frustrante situazione di dimostrare a qualcuno che ha torto, dati inconfutabili alla mano; e di vedere che invece di cambiare prospettiva, la persona crea delle spiegazioni fantasiose, irreali, fatte apposta per aggirare una sua credenza intoccabile. “Ma com’è possibile che non veda quanto inverosimile è il modo in cui si sta spiegando le cose?” Vi sarete chiesti, senza però rendervi conto che soltanto due minuti dopo avete voi stessi respinto un qualche aspetto della realtà, soltanto perché scomodo. Tanto è facile vedere un respingente in un altro, quanto è invisibile il nostro a noi stessi: la pagliuzza e la trave.
Se un respingente viene allo scoperto (per un evento accidentale, perché qualcuno ce lo fa notare, o perché noi stessi lo abbiamo osservato), è sempre un’esperienza dolorosa, talvolta intollerabile.
Avete mai visto una persona cosiddetta ‘folle’, che vi ha lasciato una sensazione di soffrire di un forte scollamento dalla realtà, di incapacità di affrontarla, e allo stesso tempo però capace di estrema acutezza di osservazione, di dolorosa vicinanza a certe verità brucianti? La sensazione di avere la vista così acuta che in qualche modo si è danneggiata, come gli occhi di chi ha guardato il sole senza protezione? È perché in questa persona alcuni respingenti sono caduti e questa non è stata in grado di reggere, di comportarsi in maniera socialmente funzionale.
Credere agli io e vivere al loro livello si accompagna necessariamente a respingenti, alla negazione di ciò che è. Occorre creare un punto di vista indipendente dalla macchina, che si sovrappone agli io e li vede come parte di un paesaggio esterno. (Siete mai riusciti a vedere i vostri io come esterni alla vostra identità? Perché questo sono: delle brevi risposte automatiche a stimoli, meccanismi senza una vera realtà o identità.








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