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Uno stile di vita conscio

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 20 ago
  • Tempo di lettura: 3 min
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Qualcuno forse ricorderà il film Kagemusha, di Akira Kurosawa, dove un ladruncolo, che assomiglia moltissimo al re, viene addestrato per recitare la parte del sosia. Il re muore, e il ladruncolo si trova per anni ad essere in tutto e per tutto il re, fino ad arrivare a nobilitare il proprio comportamento e ad apprendere un modo di pensare diverso.


Ouspensky disse qualcosa di simile. Non ho sottomano la citazione, ma suggerì ai suoi studenti di provare a comportarsi come se si fosse già consci. Cosa farei in questo momento se fossi un essere risvegliato?


In inglese esiste il detto: “Fake it till you make it.” Potremmo tradurlo con, Fai finta finché non ti viene; simula finché non ci riesci. (Esiste un bellissimo - e commovente - Ted Talk al proposito, per chi fosse interessato).


Il lavoro principale del Maggiordomo è proprio questo: domandarsi qual è l’azione, la scelta, il vestito, il luogo, la parola, il movimento, che possiamo agire in questo momento per massimizzare la possibilità del risveglio, per avvicinarci il più possibile allo stato di Presenza. Ma anche chi non ha sviluppato in lunghi anni di scuola un Maggiordomo ha in sé qualcosa, che, magari con meno continuità, può improvvisarsi a fare questo lavoro.

Tutto il lavoro preliminare di tipo psicologico arriva a toccare questo atteggiamento. Se ho paura, prima che la paura scompaia, devo abituarmi a convivere col cuore in gola con ciò che mi fa paura (Goethe, che soffriva di vertigini, stette per qualche tempo tutti i giorni su un balcone senza ringhiera, per familiarizzarsi. Sicuramente, perlomeno all’inizio, era terrorizzato. È sua la frase: “Continua, perché devi”).


Non ho voglia di fare questo lavoro. Ma se fossi conscio? Lo farei. E allora?

Ho paura di ciò che penserà la gente.

Che fastidio tenere pulita e in ordine la mia casa.

Che soddisfazione mandare qualcuno a quel paese, dirgli il fatto suo, rimetterlo al suo posto!

Ma… se fossi conscio?


Il lavoro sbagliato dei centri va corretto (e, prima di correggerlo, bisogna vederlo). E, prima di vederlo, occorre sviluppare un’abitudine a vedere, poiché di solito crediamo di vedere mentre abbiamo a nostra disposizione soltanto una manciata di osservazioni occasionali, fatte magari in circostanze estreme. Occorre una certa continuità. Occorre anche una certa conoscenza e un pensare corretto, in modo da collocare queste osservazioni nelle giuste caselle.


L’essenza va nutrita. Occorre individuare ciò che la nutre e perseguirlo, trovare, o creare, lo spazio nella propria vita che permetta di farlo. Operare i cambiamenti necessari perché questo possa avvenire.


Nella nostra scuola si fa un grande uso delle impressioni. Creare un ambiente ricco di bellezza: fare attenzione ai luoghi che si visitano, preferire ambienti con impressioni nutrienti rispetto ad altri deprimenti o neutri, fare attenzione ai dettagli, ai colori, alla natura dei materiali, quando si pranza, quando ci si veste, quando ci si siede in un posto, fare attenzione alla propria postura, a quella del corpo come a quella dei pensieri; non permettendo ad esempio a certo negativo di abitare in noi.


Tutto questo è lavoro indiretto, di rimozione di ostacoli.


Tutti possono avere un intenso momento di presenza. Ma è quando questo stato cadrà, che questo immenso lavoro di costruzione di buone abitudini, pagherà, e farà la differenza tra un naufrago che annega e perde la vita e un atleta che, caduto, si rialza e riprende a correre.

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