Il ricordo di sé e gli sforzi che vengono fatti per aiutarci a ricordare chi siamo, che lo sappiamo o no, ci aiutano a scomparire.
Il 'che lo sappiamo o no' si riferisce al fatto che in genere si intraprende questo percorso per acquisire un senso di identità più forte. Il linguaggio della quarta via, nello specifico il tentativo di arrivare a un 'Io permanente', 'acquisire Volontà' può essere fuorviante a un livello piu superficiale.
Non c'è dubbio che in momenti di presenza più elevata siamo meno intrappolati in ciò che vogliamo, speriamo, mi piace e non mi piace, perché ci apriamo alla realtà che è perfetta in sé stessa.
In un certo modo la natura ce lo suggerisce con la luna che è piena quando è nel punto più lontano dal sole; come si avvicina, svanisce nella fase di luna nuova.
Così lo sforzo (o l'identità con esso) scompare alla luce del sole - la presenza dei centri superiori.
In relazione a queste considerazioni trovo utile mantenere un senso di separazione rispetto allo sforzo, all'osservazione che viene fatta, essere presenti allo sforzo che viene fatto, che non è qualcosa che 'noi' facciamo, ma che viene fatto attraverso di noi.
"Hafiz, togliti di mezzo, che ostruisci il cammino", suggeriva il poeta persiano a se stesso.
Mi sembra che a livelli diversi si arrivi a un punto in cui diventa ovvio che 'noi' non possiamo toglierci di mezzo. Ogni tentativo è destinato a mostrarci l'ovvio: è il nostro sé inferiore a 'fare', anche in questo percorso, lasciando lo spazio necessario ai tentativi di risveglio fino a quando non si va a toccare il cuore del suo territorio.
Da qui deriva quello che viene ripetuto spesso nei testi della quarta via e in questa pagina, che da soli non si può fare (o si può fare fino a un certo punto), che è necessario aiuto esterno.
Non è possibile scomparire - dobbiamo essere fatti scomparire.
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