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Sul morire prima di morire

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 31 gen
  • Tempo di lettura: 2 min

Ancora una volta sono in viaggio, e come sempre mi sono dato uno scopo; questa volta si tratta di prendere alla leggera e sorridere di quello che capita, qualsiasi cosa capiti.


Viaggiare può essere di enorme stimolo alla presenza, poiché si è sottoposti a impressioni insolite e, quando ci si dà un esercizio, queste condizioni insolite faciliteranno la sua esecuzione, poiché il flusso di eventi abituali che ci trattiene nel sonno sarà minore.

Per poter sorridere di quello che capita, occorre che ‘Sergio’, con le sue opinioni, gusti e preferenze, si metta da parte - dato che una buona quantità di eventi a lui non saranno graditi.


Questo è il morire prima di morire. Perché ‘io’ possa sorridere di qualcosa, ‘Sergio’ deve essere sepolto da qualche parte.


Ieri, mentre camminavo per strada, una ragazza di fianco a me è salita allegramente su un autobus, mostrando l’enorme scritta che aveva nella schiena della felpa: “THE END.”


Ho sorriso, ma con difficoltà, dato che in quest’ultimo periodo ho visto diverse maglie con riferimento alla morte: una in un posto improbabile, al mercato dei fiori in India, che diceva: “Ricorda che polvere sei e polvere ritornerai”; un’altra, di fronte al portone di casa mia, troppo privata nel suo lugubre suggerimento perché possa riportarla qui, parlava di una tomba.


Inoltre in quest’ultimo periodo diversi amici studenti sono morti. L’ultimo, pochi giorni fa, è stato una figura illuminante in diversi momenti della mia storia di studente. Non ci frequentavamo, vivevamo in continenti diversi, ma è come se ‘qualcuno’ lo avesse posto davanti a me in quattro o cinque momenti chiave della mia storia, per segnare certi punti di svolta. Ora che la sua esistenza terrena è terminata, posso vedere questa sequenza regolare di eventi.


Proprio perché sono uno studente - e le mie scelte sono condizionate dal mio scopo di risvegliarmi - le circostanze della mia vita sono quanto mai incerte. Benedico e ringrazio questa incertezza, che mi sembra un lusso garantito a pochissimi, mi appare come la libertà di diventare quello che sono e mi dà fiducia riguardo agli eventi che sono stati predisposti per me con tanto amore, anche se a volte difficili da accettare. Vedo attorno a me tante persone con un percorso tracciato e ‘regolare’, ma mi è anche chiaro che questo percorso è artificiale e slegato dalla loro essenza, semplicemente condizionato da aspetti contingenti e pratici: il luogo dove si è nati, le persone che ci gravitano intorno, il mestiere che ci è capitato di fare e così via. Da qualche parte, lontano da questa rassicurante routine, sta il loro vero destino.


Mi vengono in mente quelle che si dice siano state le ultime parole di Plotino: “Restituisco ciò che è divino in me a ciò che è divino nell’universo.”


Non credo sia necessario aspettare il momento della morte fisica per realizzare questa unione impersonale e divina. Può essere fatto ora, se soltanto ‘Sergio’ si mette da parte.

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