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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

Sullo stato di Presenza



Rainer Maria Rilke era un uomo conscio e un grande poeta. Il suo dono era la precisione nei confronti di ciò che è indicibile. Se non fosse esistito lui, in questo post forse scriverei che per certe esperienze sottili non c’è descrizione possibile; invece le sue parole dimostrano che c’è, descrivono con esattezza le cose dell’anima, in un modo che forse nessun altro ha saputo rendere.


Nei versi che cito qui parla di una condizione che descrive come “Esser morti”:


“Certo è strano non abitare più sulla terra,

non più seguir costumi appena appresi,

alle rose e alle altre cose che hanno in sé una promessa

non dar significanza di futuro umano;

quel che eravamo in mani tanto, tanto ansiose

non esserlo più, e infine il proprio nome

abbandonarlo, come un balocco rotto.

Strano non desiderare quel che desideravi. Strano

quel che era collegato da rapporto

vederlo fluttuare, sciolto nello spazio.”


I versi appartengono alla meravigliosa Prima Elegia dalle Elegie Duinesi. Invito caldamente chiunque ne abbia voglia di andare a pescare in rete questa elegia e immergersi nel suo testo per qualche giorno: di lettura non facile, ma man mano che le immagini si rivelano in noi, lo fanno come esplosioni che rimarranno per sempre.


I versi che ho citato descrivono bene certe qualità dello stato di presenza. Non abitar più sulla terra, non più seguir costumi appena appresi, non essere più nemmeno quello che chi ci ama si aspetta, e infine il proprio nome abbandonarlo. Slegare la propria identità da tutto ciò che nella vita si è incrostato sul proprio nome - io sono questo, io sono quello - (Qualcuno ricorderà Ouspensky descrivere la differenza tra “io” e “Ouspensky”).


E ancora: non desiderare quel che uno o l’altro dei tanti io desiderava. Quello, ti illudevi di essere; quello, ora sai che non sei.


Infine, soprattutto: “quel che era collegato da rapporto vederlo fluttuare, sciolto nello spazio.” Il fatto di essere presenti polverizza le associazioni e le opinioni che abbiamo su qualcosa, e che da addormentati utilizziamo per non vedere. Il mio gatto, se sono presente, non è mai il mio solito gatto: è il gatto in questo momento: nuovo, imprevedibile, sconosciuto, interessante, meraviglioso, un riflesso dell’eterno come qualsiasi cosa possa avere davanti adesso - per me una camera d’albergo, di una catena che ha camere simili in tutta l’Asia, dove a causa della ripetizione dei colori e degli arredi, tutto cospira a farmi credere di conoscere già, di non dover prestare attenzione, di perdermi l’appuntamento col miracoloso,un treno che passa sempre Ora.


Gurdjieff: “L'uomo può nascere, ma per nascere deve prima morire, e per morire deve prima svegliarsi.”


Dopo aver scritto queste righe, sono sceso a fare colazione nell’albergo dove mi trovo. Pensavo a ciò che avevo scritto, domandandomi se il retaggio di associazioni negative che abbiamo sulla morte non avrebbe impedito la comprensione. Davanti a me si è parato un uomo con una maglietta che porta la scritta “Alternate perspective “, prospettiva alternata, punto di vista rovesciato. La scritta stessa è rovesciata.


Mi torna in mente un altro poeta conscio, Walt Whitman:


“To die is different from what any one supposed, and luckier.”

Morire è diverso da ciò che tutti hanno presupposto, e più fortunato.

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