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Tenere e lasciare

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 6 giorni fa
  • Tempo di lettura: 4 min

Supponiamo che qualcuno riesca a trovarsi faccia a faccia con un vero maestro, un risvegliato; e che gli ponga una domanda che gli sta molto a cuore e che lo tiene in ansia da tempo, ad esempio: “Qual è la pratica più importante al fine di ottenere il risveglio?”


Il maestro, guardandolo, noterà innanzitutto due cose: che la persona è identificata, ovvero che il suo senso di identità è nella questione che ha posto come domanda; e, dal modo in cui parla - in fretta, ripetendosi, utilizzando molte parole e inutili giri di frase a vuoto - che è affetta da ciò che nella quarta via si chiama Parlare inutile.


Molto probabilmente il maestro, vedendo queste manifestazioni, suggerirà qualcosa come: “Per due mesi utilizza solo frasi molto brevi”; ‘Parla lentamente e concisamente”; “Conta fino a dieci prima di dare una risposta”; e così via. Dato che la domanda, così come è stata posta, non appartiene al mondo del reale, ma dell’immaginazione; e le manifestazioni della persona che parla troppo e troppo in fretta sono invece reali e ben visibili. Quelle, il risvegliato può tentare di correggerle, poiché esistono.


Ho visto questo fenomeno accadere molte volte. A questo punto la persona che ha posto il quesito, o si concentra sul fatto che la risposta sembra non avere alcun nesso logico con la domanda (e in effetti non ce l’ha, la domanda così come è stata posta è stata deliberatamente catalogata come immaginazione e ignorata), e quindi penserà: “È pazzo.” “È sordo.” “Non mi sono spiegato bene”, e via dicendo.


Oppure prenderà questa reazione del maestro a quel particolare momento, a quella sua personalissima manifestazione, come dato oggettivo e universale. Magari aprirà una sua scuola, pensando di avere ormai compreso il segreto dell’illuminazione, e affiggerà un cartello sulla porta della scuola ”È necessario all’essere umano il parlare lentamente e concisamente.” E l’illusione di aver compreso tutto rischierà di durare parecchio, dato che il consiglio non è malvagio, e qualche vantaggio lo porterà sicuramente a quelli che lo applicano.


La condizione di una persona che voglia risvegliarsi è delicata: non si sa mai, come si espresse Rilke, su cosa “Ci possiamo valere.” Spesso, con le migliori intenzioni, gli stessi scopi che ci poniamo allo scopo di risvegliarci rappresentano un ostacolo al risveglio.

All’inizio occorre sperimentare, non c’è scelta. Occorre verificare, una ad una, tutte le idee, renderle reali e vere per noi stessi. Dicono che siamo divisi in tanti io, sarà vero? Che esperimento posso tentare per verificare o falsificare questa affermazione? Dicono che abbiamo una serie di cervelli indipendenti, come posso verificarlo? E via dicendo.

Ogni osservazione porterà con sé dei tentativi di correttivo. Questi tentativi saranno necessariamente imperfetti - tanto più se ce li confezioniamo da soli, fatti in casa, senza una guida.


Il mettere in pratica questi tentativi avrà come effetto che al termine del tentativo ci troveremo in un posto diverso, saremo diversi. Ad esempio, se mi darò lo scopo di non esprimere alcuna emozione negativa per un mese, scoprirò che ne ho tantissime, che ho emozioni negative che pensavo di non avere, che esistono emozioni negative sottili, mascherate, quasi invisibili, come lamentarsi o stare in silenzio, o essere delusi per la mancanza dei progressi desiderati, che nemmeno avevamo pensato come emozioni negative. Pur non essendo ora più capaci di resistere alle emozioni negative di quanto non lo fossimo un mese prima, la somma di queste comprensioni ci ha comunque resi diversi, abbiamo una consapevolezza da cui sarà difficile tornare indietro.


Cristo: “Se un piede ti è di ostacolo, taglialo.” Ogni pensiero può essere lasciato cadere. Se è di ostacolo al risveglio, va lasciato cadere.


Il fatto è che ci dimentichiamo continuamente, pur volendo risvegliarci, che noi siamo nel sonno. Noi. Ovvero i nostri pensieri mantengono il nostro sonno. Le nostre opinioni, i nostri valori, lo mantengono. La nostra interpretazione ‘addormentata’ di ciò che abbiamo letto, lo mantiene. È da noi stessi, ovvero dal nostro essere meccanico che è irreale, ma al quale tuttavia siamo così abituati da pensarlo come la nostra reale identità, che dobbiamo essere liberati. Questo è un dato difficilissimo da accettare e ricordare.


La vita di un maturo uomo numero quattro è come quella di una formica che scruta continuamente l’ambiente con antenne sensibili. A ogni istante decide se l’io del momento è da tenere (aiuta la presenza) o lasciare (la ostacola). Visto dall’esterno, può apparire inconcludente, proprio come quella formica, che sembra vagare a caso. La frase viene interrotta, alla domanda non viene data risposta, il percorso cambia improvvisamente.


Dietro questa apparente mancanza di logica c’è la priorità data allo stato, che fa passare in secondo piano molti aspetti che, in altre occasioni, sarebbero considerati. Mangiare o non mangiare, leggere o non leggere, fare o non fare, tutto può essere tenuto saldamente come scopo, anche nelle circostanze più difficili; oppure lasciato cadere ogni pochi secondi, se ci è di ostacolo. La valutazione deve essere affidata a un esperto.


A compiere questo lavoro di continua decisione sono I Centri Superiori; o, in assenza del Padrone, di quello che ne fa le veci, ovvero del Maggiordomo - se parliamo di un individuo che lo ha sviluppato.

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