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Tradurre lo stato

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 23 mar
  • Tempo di lettura: 3 min

Una delle difficoltà dello scrivere in questo spazio è che non posso veramente parlare del mio lavoro personale. Non posso raccontare di ciò che mi sta succedendo interiormente senza filtri e sperare che venga compreso. È necessario tradurre.


Un esempio: recentemente ho letto un commento a un nostro post che diceva: “Vorrei capire se qualcuno è riuscito a raggiungere lo stato di ricordo di sé.”


Una frase semplice, che ha una sua logica. Inoltre una condizione in cui io stesso sono stato e che ricordo bene. Eppure, il modo in cui questo pensiero è stato espresso mi ha scioccato. Possibile - mi sono domandato - che non sia per nulla chiaro che noi che scriviamo qui siamo studenti di una scuola, che non parliamo per sentito dire, per letture fatte o informazioni acquisite, ma raccontiamo della nostra esperienza? Non traspare da ciò che scriviamo e da come scriviamo che questo stato è una parte integrante della nostra vita?

Comunicare l’essenziale in uno spazio come questo è difficile, molto difficile. Alcuni studenti della mia scuola, lo dico con franchezza e senza giudizio, non ne sono capaci.


Parlare tra di noi studenti è immensamente più facile: tutti abbiamo assaggiato lo stesso frutto, ne conosciamo il sapore, ci basta dire: “Questo succo sa di fragola.” Qui, però, parliamo a un gruppo eterogeneo che comprende chi non ha mai sentito parlare delle fragole, chi ne ha letto ma mai assaggiate, chi considera l’atto dell’assaggiare superfluo e ritiene che una descrizione scritta sia sufficiente per conoscere l’essenza della fragola, chi ne sta leggendo delle descrizioni e non si ritiene pronto ad assaggiarne una - forse un giorno, chi ne ha assaggiata una ma non si ricorda bene e la confonde col lampone; chi, infine ne ha assaggiate un paio e pensa che siamo noi a non averne mai assaggiate.


Sino ad oggi, ho sempre avuto l’atteggiamento di cercare di spiegare quali sono gli ostacoli, le difficoltà, al fine di non incoraggiare idee immaginarie in chi si illude di aver trovato oro e invece ha trovato solo latta. Il che, paradossalmente, è l’opposto di quello che facciamo nella nostra scuola, dove non ci focalizziamo sugli ostacoli, ma direttamente sullo stato.


Non su ciò che ci ostacola nel tentativo di essere presenti, ma sull’essere presenti ora, senza alcun intermediario, limite di tempo, di spazio, di condizione, fino a dire che la Presenza, i Centri Superiori, sono sempre qui. Non sono vicinissimi, perché anche questo implicherebbe una distanza: sono qui.


Questa affermazione, che ritengo profondamente vera e indice di una realtà che cerco ogni giorno di vivere, una volta scritta su questa pagina e pubblicata su Facebook, improvvisamente mi suona falsa e ingannevole - qualcosa che potenzialmente incoraggia idee falsate.


Siamo immersi in una realtà immensamente più profonda di quanto non appaia. Spero di rendere l’idea raccontando di quello che successe una mattina a un mio amico studente.

Stava andando a un incontro col nostro maestro. La sala era preparata, ma ancora non c’era nessuno. Uno schermo mostrava un’immagine: una complicata decorazione islamica con un labirinto di linee che formavano una scritta.


Non era una buona giornata per il mio amico: si era svegliato decisamente negativo e era pervaso da molti ‘io’ che dicevano tutto questo è inutile, non serve a niente, chissà se mi sto illudendo, forse dovrei smettere, e così via.


Ben sapendo cosa sono gli ‘io’, il mio amico cercò di ricomporsi. Per farlo, si disse: “In quell’intrico di linee islamiche, proprio al centro, c’è un punto. Mi concentrerò su quello e solo quello guarderò, cercando di scacciare qualsiasi pensiero che venga a disturbarmi.”

Rimase così per una decina di minuti, lottando contro se stesso, nel frattempo gli altri partecipanti entravano e prendevano posto.


Finalmente l’incontro iniziò, con la lettura di una citazione che suonava così:


“Tutto il significato del Corano è interamente contenuto nella prima Sura.

Tutta la prima Sura è interamente contenuta nella prima riga.

Tutta la prima riga è interamente contenuta nella prima parola.

Tutta la prima parola è contenuta nella prima lettera.*

Tutta la prima lettera è contenuta nel punto sotto di essa.”


*(Si tratta della lettera Be che, in particolare che per chi, come il mio amico, è madrelingua inglese, significa Sii! L’imperativo che porta ad essere, alla Presenza).

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