Stamattina lo sguardo mi cade sulla tastiera del computer e, per la luce che viene dalla finestra, vedo, come mai prima, la polvere uniformemente distribuita sui tasti.
La presenza, tra i vari modi in cui è percepita, si manifesta nel vedere dettagli di cui sapevamo ma che non si era mai visto.
L'esperienza è semplice, silenziosa, esente da fuochi d'artificio. Ma profonda, perché ci risveglia alla realtà che è sempre stata lì.
La visione della polvere dicevo.
Provo a prolungare quell'esperienza, che i centri inferiori si sforzano, nel sottofondo, di interpretare, definire, interrompere.
In quel momento posso osservare due direzioni: una è quella degli io associativi - "Guarda che sporco, dovrei pulirlo...", "...certo, la casa è piena di polvere...", "...dovrei chiamare quella signora che fa le pulizie una volta ogni tanto..."
L'altra direzione è qui: respiro, e vedo la polvere costituita da centinaia, migliaia di peluzzi adagiati sulla superficie di plastica nera della tastiera. La visione è neutra, non dà fastidio, c'è in quei peluzzi addirittura una certa grazia, e a ben vedere, un certo disegno. Gli io sono più quieti. Hanno lasciato spazio a un momento di realtà - questa sconosciuta.
Poi prendo uno straccio e tolgo la polvere.
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