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Immagine del redattoreIl Ricordo di Sé

una descrizione del terzo stato

Abbiamo parlato in precedenza dei diversi stati di coscienza. Nel brano che segue, tratto dal libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto (Astrolabio), Ouspensky descrive la sua prima esperienza riconosciuta del terzo stato.

Percorrevo un giorno la Lyteyny nella direzione della Prospettiva Nevsky e, nonostante tutti i miei sforzi, ero incapace di mantenere l’attenzione sul ‘ricordare me stesso’. Il rumore, il movimento, tutto mi distraeva. Ad ogni istante perdevo il filo dell’attenzione, lo ritrovavo e lo riperdevo. Alla fine, provai verso di me una specie di irritazione ridicola e girai in una via a sinistra, fermamente deciso, questa volta, a ricordarmi di me stesso almeno per qualche tempo, ad ogni modo fino a quando avessi raggiunto la via seguente. Raggiunsi la Nadejdinskaya senza perdere il filo dell’attenzione, salvo forse per brevi istanti. Allora, rendendomi conto che mi era più facile, nelle vie tranquille, non perdere la linea del mio pensiero, e desiderando mettermi alla prova nelle vie più rumorose, decisi di ritornare alla Nevsky continuando a ricordarmi di me. La raggiunsi senza aver smesso di ricordarmi di me ed incominciavo già a provare lo strano stato emozionale di pace interiore e di fiducia che viene dopo grandi sforzi di questo tipo. Proprio all’angolo della Nevsky, vi era il tabaccaio che mi forniva le sigarette. Continuando a ricordarmi di me, mi dissi che sarei entrato per ordinarne qualche scatola.

Due ore più tardi, mi svegliai nella Tavricheskaya, cioè molto lontano. Stavo andando in slitta dal mio editore. La sensazione del risveglio era straordinariamente viva. Posso quasi dire che ritornavo in me. Di colpo mi ricordai di tutto: come avevo percorso la Nadejdinskaya, come mi ero ricordato di me stesso, come avevo pensato alle sigarette e come, a questo pensiero, ero caduto, come annientato, in un profondo sonno. Tuttavia, mentre ero così immerso in questo sonno, avevo continuato a compiere delle azioni coerenti e opportune. Avevo lasciato il tabaccaio, telefonato al mio appartamento della Lyteyny e al mio editore. Avevo scritto due lettere. Poi ero ritornato a casa. Avevo risalito la Nevsky sul marciapiede di sinistra fino alla Porta Gostiny con l’intenzione di raggiungere l’Offizerskaya. Allora, cambiando idea, poiché si faceva tardi, avevo preso una slitta per andare dal mio editore. Strada facendo, sulla Tavricheskaya, cominciai a sentire uno strano malessere, come se avessi dimenticato qualcosa. E all’improvviso mi ricordai che avevo dimenticato di ricordarmi di me.

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