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Una serata e una mattina come tante

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 16 lug
  • Tempo di lettura: 5 min
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Sto viaggiando, lo faccio spesso per il mio lavoro. Condivido alcune note su ciò che ho fatto ieri sera e stamattina - non perché siano eventi straordinari: al contrario, piuttosto comuni.


Lo faccio nella speranza di illustrare come avvengono le piccole decisioni di una persona che cerca di ottenere e mantenere lo stato di presenza. Spesso queste piccole decisioni rappresentano una scelta tra qualcosa che è buono e qualcos’altro che è migliore - e, se si infila una serie di scelte ‘migliori’, molto cambia. Si può anche vedere lo stesso processo attraverso le parole di Buddha: “Impara a rispondere, non a reagire.”


Voglio anche chiarire che, pur utilizzando mie esperienze giusto perché le ho a portata di mano, questo racconto non mi riguarda personalmente - non si tratta di scelte che ho fatto in quanto ‘Sergio’, ma in quanto studente della mia scuola. Nelle stesse circostanze altri studenti racconterebbero una storia simile, in quanto mi limito a seguire alcuni semplici consigli del mio maestro.


Dopo due giorni di incontri di lavoro a Parigi, in mezzo a parecchio di ciò che la quarta via chiama “falsa personalità“, e dopo una notte in un albergo di una grande catena, efficiente e impersonale, per la mia tappa successiva sentivo il bisogno di un po’ di essenza.


L’ho trovata, sotto la forma di un vecchio casale, un tempo certamente la dimora di qualche proprietario terriero, piena di tappeti, quadri e oggetti interessanti, e ora riadattata ad albergo, con poche camere. Era chiaro tuttavia che ne ero l’unico ospite, il Re del Castello per un giorno. Ho esplorato con un certo senso di riconoscenza il posto, isolato in mezzo a un bosco ben lontano dalla città, con un parco tutto intorno con tanto di cavalli. Il posto ideale per scrollarsi di dosso un po’ di tensione.


Il prato dietro la casa, con un paio di sedie e un tavolo era a mia disposizione, tutto per me. Ho deciso quindi, invece di andarmi a cercare un ristorante, di tornare in città e comprare un panino e una piccola bottiglia di vino, per consumare lì la mia cena.


Comprato panino e vino, mi sono fermato per un po’ davanti alla splendida cattedrale gotica, assorbendone l’energia. Gurdjieff, che aveva vissuto non lontano da lì, aveva descritto le cattedrali gotiche come designate “ad innalzare l’energia delle masse.”


È un’opera d’arte prodotta da una scuola. Ho cercato di assorbirla senza fretta, avendo cura di ‘deflettere’ i pensieri estranei che si affacciavano, e di utilizzare uno sguardo attivo, curioso dei dettagli, soffermandomi su questo o quel dettaglio delle centinaia di sculture che affollavano la facciata. A ogni respiro un dettaglio diverso: inserendo un’impressione nuova, impedivo a ‘io’ accidentali di mettersi in mezzo, distraendomi.


Ricaricato, sono rientrato nelll’albergo e ho consumato con estrema calma la mia semplice ma eccellente cena. L’unica impressione in movimento era l’interazione tra un cavallo, che amava rotolarsi in una specie di pozza di sabbia in mezzo all’erba e una ragazzina, che sembrava più intenzionata ad addestrarlo. Entrambi, devo dire, sopportavano con estrema leggerezza gli strani desideri dell’altro.


Evidentemente questa serata così pacifica non è bastata a rigenerare la macchina, perché al risveglio mi sono sentito ansioso e pieno di tensione. Qualche pianeta deve essersi messo in una posizione a me sfavorevole, ho pensato, ben consapevole della funzione di ‘antenne riceventi‘ che tutti gli ospiti del pianeta, esseri umani, piante, vongole, elefanti e via dicendo, rappresentano sul questo mondo.


“Io non sono questo“, ho ricordato a me stesso. E ho cercato di lavorare con la tensione facendo la doccia e preparando la valigia con particolare lentezza e in modo molto ordinato, così da non replicare il caos interno con altro caos esterno.


Sono riuscito a separarmi dalle tensioni, a usare il centro intellettuale per riflettere sulle cause di queste tensioni (perlopiù irragionevoli, il che ha rafforzato la mia impressione che si trattasse semplicemente del centro istintivo che reagisce a qualche influenza planetaria).

Facendo tutto con estrema lentezza, però, sapevo che sarei arrivato alla colazione con ritardo - colazione preparata fresca appositamente per me in quanto unico ospite. Ottima, ma caffè non più caldo; mentre al mio centro istintivo piace bollente, è una mia fissazione.


Ho sentito in me la considerazione interna, che già mi aveva accompagnato mentre mi preparavo lentamente: “Farai tardi.” “Sì, ma la priorità è allentare la tensione.”

Di nuovo il dialogo interno:

“Non considerare internamente, chiedi un altro caffè.”

“Sì, ma la priorità è rilassare la macchina. Forse bere il caffè tiepido consumerà meno energia, eviterà discussioni e spiegazioni.” E così ho fatto. Il caffè non era poi male.


Di nuovo in macchina, verso l’appuntamento successivo. Sono nel nord della francia, con un paesaggio nordico fatto di mucche bianche, del verde chiarissimo delle coltivazioni di qualche cereale, chissà, forse orzo; e di quello scuro dei boschi, sotto a velocissimi nuvoloni color dell’acciaio. Continuavo a sentire la tensione e continuavo a separarmi. “Io non sono questo.”


A un certo punto questa ‘lotta tra il sì e il no’ è sfociata in un intenso ‘terzo stato’ di coscienza. Ho visto con grande intensità la bellezza di questo passaggio nordico. Le basse nuvole, drammatiche e velocissime, lavoravano insieme alla musica di Bach alla radio per creare un effetto drammatico poderoso. Ero presente, in modo intenso, che non esito a definire mistico. Ho pensato a Van Gogh che, come me in quel momento, era in grado di ‘sentire’ l’aura dei luoghi, luoghi simili a quello che avevo davanti - la loro energia. Non essendo un uomo conscio, o lo studente di una scuola, questa sua sensibilità si rivolgeva contro di lui e lo portò alla pazzia. Mi meravigliavo con gratitudine per la mia posizione ben più fortunata. Mi era anche chiaro che la tensione, e anche il lavoro per separarmene, erano tutti elementi che avevano contribuito a questo stato straordinario. Tutto mi era chiaro e tutto mi dava gioia. La luce del nord, umida e quasi livida, le note del brano che conoscevo a memoria, la lepre che saltava tra centinaia di macchie nere di corvi a terra impegnati a beccare semi.


Mi sono poi fermato da un benzinaio che, forse per sua natura, forse sentendo qualcosa nella mia energia, mentre mi faceva il pieno ha cominciato a parlare con grande dolcezza e gentilezza: delle sue origini italiane, delle vacanze in Sicilia a trovare i suoi cugini.


La sua essenza e il suo centro emozionale erano attivi. Una persona gentile, ben intenzionata, che parlava col cuore ed era estremamente gradevole. Mi era tuttavia chiaro che quella energia del ‘fante di cuori’ si trovava a un livello più basso del mio stato attuale. Sorridendo, continuando la conversazione , mi sono ripetuto: “Io non sono questo.” E lo stato si è mantenuto mentre sono risalito in macchina e avviato verso la destinazione successiva.

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