La macchina umana è alla costante ricerca di relazioni causa/effetto. “Perché ha voluto dirmi questo?” "Come mai non mi chiama?" “Ecco, siamo alle solite: mi capita sempre questo problema perché io non sono capace di…”L’essere umano è un collegatore di fatti, un creatore di nessi, un inventore di storie.Per poter credere a questi nessi, bisogna che il rapporto di causa effetto rispecchi il funzionamento dei nostri centri - che può essere in parte diverso da persona a persona. Questi nessi non assomigliano alla realtà, in qualsiasi modo vogliamo definirla, ma piuttosto alla forma dei nostri centri e ai percorsi che siamo stati abituati a fargli fare. Per questo esiste un modo di collegare nessi di destra e uno di sinistra, uno tipicamente maschile e uno femminile, uno toscano, uno pugliese, e uno siberiano; uno per i ricchi e uno per i poveri; uno per chi ha una cultura profonda e uno per chi sa a malapena leggere; uno per ogni generazione, area geografica, lingua, famiglia, centro di gravità, epoca, e così via, fino all’individuo singolo: quello che è plausibile per un centro emozionale è folle per un centro istintivo, logico per una macchina è assurdo per un’altra. Siamo quello che riteniamo verosimile. Tanto siamo lontani, tutti, dal reale.Inserisco qui il testo di una canzone di Enzo Jannacci, “Si vede”, che crea un poeticissimo nesso causale di questo tipo. Tra tante descrizioni incerte, in cui non si riesce a stabilire un collegamento certo tra causa ed effetto - ci sono molti 'chissà - ce n’è una, finale, dolorosamente inequivocabile.
Si vede
L'unico spiazzo semi-erboso
Che c'è rimasto nel mio rione
Dalla ringhiera del garage
Si vede una Cinquecento
Brutta, di un colore citrino
Ancora più brutta per i riflessi
Che oggi le dà il cielo
Non allineata
Chissà perché ride
Si vedeUna processione di calze e mutande
Mal lavate
Si vede la gru
Che oscilla verso me, eh
Chissà perché s'è fermata
Si vede la sterpagliaMuoversi, sussultare
Quando la pioggia picchia più forte
Chissà se le fa male
Chissà se le fa male
Si vede un uomo
Appoggiato al balcone
Togliersi il mozzicone
Buttarlo fuori, ma male
Chissà cosa pensa
Mah, penserà poi se è vero
Che fumare fa male
Eh, eh, eh, eh
Ed è già tardi
E sei sempre in ritardo
E mi vieni incontro
Con un ombrello
Che non è quello
Che ti ho regalato io
Anche da lontano si vede
Anche da lontano si vede
Anche da lontano si vede
Che non mi vuoi più bene
La presenza riesce a stabilire molto meglio l’origine di un avvenimento e a scoprirne la natura triviale, o profonda, o divina. Un sogno in cui ho sognato sciocchezze o uno premonitore, in cui un angelo mi ha sussurrato una verità. Un paesaggio o avvenimento insignificante, o uno carico di simboli a cui mi riferirò per tutta la vita. Perché ciò che ci accade è sempre l’incontro tra uno stato interiore e una realtà magica e inaccessibile: assorbiamo di quella realtà tanto quanto il nostro stato ce lo permette; e la presenza è in grado di assumerne la parte divina e miracolosa. Come illustra meravigliosamente la storia di Daniele nella Bibbia, in cui il suo essere altissimo neutralizza qualsiasi avvenimento tragico, lo rende anzi un’opportunità e una manifestazione necessaria del suo destino.
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