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Voglio cambiare?

  • Immagine del redattore: Il Ricordo di Sé
    Il Ricordo di Sé
  • 31 gen
  • Tempo di lettura: 4 min

Ogni tanto, qualcosa in noi si risveglia, spinto dall’attrazione per il cambiamento.


Potrebbe essere l’osservazione di un nostro limite, di una nostra sofferenza. Oppure il desiderio di raggiungere risultati in qualche campo. O, ancora, potremmo essere ispirati da qualche figura nobile, un maestro spirituale. La lettura di una poesia, la comprensione improvvisa di un aforisma profondo possono far scattare qualcosa.


Questo desiderio, da solo, non significa granché. Poiché si tratta di uno dei nostri diecimila ‘io’, e poiché verrà sostituito da un altro nei prossimi tre secondi, non ha più peso nella nostra esistenza dell’io successivo, che dice: “È da tanto che non mangio patate dolci.” Essere immersi nei molti io significa non avere direzione.


Eppure un io del genere è tutto quello a cui possiamo aggrapparci e, talvolta, nella storia di alcuni individui, quella scintilla ingenera un circolo virtuoso, da cui possono nascere grandi conseguenze. Si verifica una magica combinazione di motivazione, fortuna, aiuto. A volte basta prendere sul serio una cosa soltanto, per creare una valanga di conseguenze, perché, come disse Gurdjieff, “La natura paga sempre i suoi debiti.”


Questo io andrà messo in pratica e sostenuto. Ovvero, ci porterà a vedere più cose, che a loro volta genereranno il bisogno di darci altri scopi, aprendo a un ventaglio di possibilità nuove, in direzione ascendente. Ma, per farla ascendere, bisogna che non smettiamo mai di ‘pedalare’, di sbattere le ali - mentre in genere ci si ferma alla prima, o alla seconda, o alla terza difficoltà: è un atteggiamento da modificare.

Scopro di essere inaffidabile, mi impongo un piccolo scopo: quello di riordinare la mia stanza ogni mattina, prima di qualsiasi altra azione.

Dopo qualche mattina, vedo che mi sono dimenticato del mio scopo. Decido allora di mettere una sveglia.


Funziona per un paio di giorni. Poi, nonostante la sveglia, non ne ho voglia. Coinvolgo allora un’altra persona: chiedo che mi chiami e utilizzo la vergogna che proverei se non mettessi in ordine come stimolo.

Pian piano mi abituo a farlo. Scopro però che questo dovere mi rende molto negativo. Cerco allora dei modi per riordinare senza negatività. Metto su della musica. Scopro una nuova energia emozionale.


Scopro anche l’effetto che diversi tipi di musica hanno su di me. Non l’avevo mai notato. C’è musica facile che entra da un orecchio ed esce dall’altro; e c’è musica magari difficile al primo ascolto, ma che nutre a lungo.

Decido di regalarmi ogni giorno uno stimolo artistico di alta qualità, per sviluppare e nutrire il mio centro emozionale. Mi interrogo anche: cosa significa, di alta qualità? Da dove viene questa qualità?

Ogni mattina leggo una poesia, prima di andare al lavoro.


L’introduzione di musica e poesia nella mia vita crea delle associazioni nuove, più nobili e intelligenti. Ora, anche gli ‘io’ casuali vanno a pescare da un materiale più raffinato. Mi è più difficile, per così dire, cadere molto in basso, anche quando sono immerso nel sonno.

Ogni tanto ho degli stati alti, di presenza. Il centro emozionale, che ho cominciato a stimolare maggiormente, ricorda con più facilità che ho uno scopo e il valore di questo scopo. Mi accade di fermarmi e contemplare la bellezza di un fiore, di una nuvola, degli occhi di una persona. Ho voglia di tornare a questo stato quanto più spesso possibile.

E, ogni tanto, continuo ad avere degli scoppi di negatività.


Decido di affrontare più seriamente questo problema. L’arte, da sola, non è sufficiente.

Scrivo su un quaderno le cose che mi fanno infuriare. Rifletto, cerco ragioni per non esprimere la mia rabbia.

Passano molti mesi, non riesco a uscirne.

Incontro qualcuno - uno studente - che mi spiega che l’argomento della negatività è irrilevante, e mi istruisce su alcuni suggerimenti per ‘lasciar cadere’ quello stato, a prescindere dal contenuto.

A volte riesco in questo lasciar cadere, e a volte no - ma ora ho imparato che lo stato prevale sempre sul contenuto degli io. Non importa a cosa sto pensando, dove si rivolge la mia attenzione: è lo stato che conta.

___

Potrei continuare per molte pagine. È un percorso senza fine. Ma puoi osservare dal mio piccolo esempio che qualcosa è cambiato: dal trovarsi perduti, senza una direzione, ora la realtà si è polarizzata; improvvisamente esiste bene e male, giusto e sbagliato. E, a prezzo di sforzi e scomodità, mi vengo a trovare in ‘posti’ sempre migliori. Esistono dei passaggi chiave in questo processo, dei capisaldi, come ad esempio quando si decide di fare un lavoro di scuola, comprendendo che da soli nessun lavoro è possibile; in seguito, in vari stadi, comprendere che il lavoro fatto finora è superficiale, e può essere cambiato radicalmente; e, ancora, apprendere che un atteggiamento che si è dimostrato utile fino ad oggi va abbandonato, o rimarrò per sempre invischiato in esso - ha perso la sua utilità e c’è il rischio di rimanere identificati. Vedere, infine, che il lavoro di scuola è utile non solo e non tanto perché ci sono dei compagni che possono aiutare, ma a causa dell’origine conscia delle influenze a cui sono sottoposto. Imparare a entrare in contatto con questa origine.

Questa domanda, “Voglio cambiare?” va ripetuta ogni giorno, indipendentemente da quanto si sia raggiunto sino a oggi.


Il peso delle sfide aumenta costantemente, rimanendo sempre ‘impossibile’, ovvero appena un po’ al di fuori della nostra portata. Soltanto facendo qualcosa di impossibile, quando non è il momento adatto a causa di impietose circostanze esterne; quando non siamo ancora pronti; quando vorremmo fare tutto tranne che quello - avrà effetto positivo, poiché l’effetto desiderato è appunto quello di cambiare. E nessuno può cambiare se si limita a fare il proprio dovere, quando è possibile, quando si è pronti e quando è comodo. Occorre magia.

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